- il 17 maggio 2013 è nata ADL Varese - Democrazia, Trasparenza, Autonomia e Coerenza non devono essere solo delle parole vuote - ADL Varese non vuole essere ne più grande ne più bella ne più forte, ma semplicemente coerente -

- nel 1992 nascono FLMUniti Varese e CUB Varese, contemporaneamente nascono FLMUniti Nazionale e CUB Confederazione Nazionale -

- nel 2010 tutte le strutture di categoria della CUB Varese insieme a SDL Varese e RDB Varese si fondono e danno vita a USB Varese -

- nel 2013 USB Varese delibera a congresso l'uscita da USB e la nascita di ADL Varese mantenendo unite le precedenti strutture ex SDL Varese ex RDB Varese ex CUB Varese - -
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giovedì 6 febbraio 2020

Il comitato denuncia “Ospedale unico in ritardo”. Antonelli: “Tempi della burocrazia”

Il Comitato per il diritto alla Salute del Varesotto lamenta il mancato rispetto dei tempi indicati dalla delibera e il continuo svuotamento dei due attuali presidi. Le rassicurazioni dei due sindaci
I tecnici sono al lavoro e non c’è nessun ritardo.​ La​ burocrazia italiana è questa, che il comitato lo voglia o no”. Il sindaco di Busto Arsizio​ Emanuele Antonelli​ replica così alle accuse di lentezza e immobilismo avanzate dal Comitato per il diritto alla salute del Varesotto.
In una nota, il comitato sottolineava la mancata approvazione entro il 31 gennaio scorso della Valutazione Ambientale Strategica. Un passaggio che la delibera regionale, pubblicata un anno fa, annunciava entro la fine di gennaio 2020 per definire l’impatto nel nuovo ospedale sulla pianificazione territoriale dei comuni.
“Dalla consultazione dei siti istituzionali e dalle notizie giornalistiche – commentava il Comitato – si desumono ingiustificati ritardi e preoccupanti anomalie procedurali inerenti la definizione dell’Accordo di Programma e la sua Valutazione Ambientale...

Il Comitato: «Scaduti i termini per l’Accordo di programma sull’ospedale Busto-Gallarate»

GALLARATE​ – L’iter per la creazione del​ nuovo ospedale unico Busto-Gallarate​ è in clamoroso ritardo. A denunciarlo è il​ Comitato per la Salute del Varesotto​ secondo cui è addirittura​ scaduto il termine per la definizione dell’Accordo di Programma. Di seguito il comunicato integrale del gruppo di attivisti che si oppone alla realizzazione della nuova struttura sanitaria:
​ Il 31 gennaio 2019 veniva pubblicata sul BURL la Deliberazione di Giunta Regionale 21 gennaio 2019 – n. XI/1166 “Promozione dell’Accordo di Programma per la realizzazione del nuovo ospedale di Busto Arsizio e Gallarate” (in seguito denominata D.g.r.). Venivano individuati, quali enti interessati insieme a Regione Lombardia al perfezionamento dell’accordo, i comuni di Busto Arsizio e Gallarate, l’ASST Valle Olona, l’ATS Insubria e il Ministero della Salute. Si stabiliva che l’Accordo di Programma fosse definito entro il 31 gennaio 2020 e sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica (VAS), per la ragione che esso comporta varianti urbanistiche legate all’edificazione e all’accessibilità del nuovo ospedale, oltre che alla destinazione delle aree su cui sorgono gli ospedali esistenti.
Alla data del 31 gennaio non solo l’accordo non è stato definito, ma dalla consultazione dei siti istituzionali e dalle notizie giornalistiche si desumono ingiustificati ritardi e preoccupanti anomalie procedurali inerenti la definizione dell’Accordo di Programma e la sua Valutazione Ambientale Strategica (VAS), di cui peraltro nessuno parla. Apprendiamo infatti dalla stampa che solo dopo che, a metà dicembre, il Direttore Generale dell’ASST Valle Olona Eugenio Porfido ha consegnato il documento preliminare alla progettazione, è stata nominata la segreteria tecnica, l’organismo che, secondo la normativa regionale, avrebbe dovuto elaborare tale documento. Sul sito regionale sivas, preposto alla pubblicazione di tutta la documentazione relativa ai procedimenti di VAS, compaiono soltanto la D.g.r. e l’indicazione delle autorità procedente (dirigente UO Programmazione Negoziata) e competente (dirigente UO Territorio e Urbanistica – struttura VAS). Non compare invece l’atto formale con il quale tali autorità avrebbero dovuto individuare i soggetti competenti in materia ambientale, i settori del pubblico interessati all’iter decisionale e le modalità di informazione e partecipazione del pubblico. Tale adempimento avrebbe dovuto precedere l’avvio della redazione del documento preliminare di ipotesi di Accordo di Programma, da sviluppare in sinergia con l’elaborazione del documento preliminare degli effetti sull’ambiente (c.d. documento di scoping).
Dunque, stando agli atti ufficiali:
· nulla è stato fatto in un anno, il tempo che Regione Lombardia si era data per definire l’Accordo di Programma;
· il procedimento di VAS, che comprende almeno due momenti di consultazione degli enti competenti in materia ambientale e del pubblico, è rimasto completamente inattuato. Stando alle recenti notizie di stampa:
· il direttore generale dell’ASST “Valle Olona” Eugenio Porfido, più di 10 mesi dopo l’approvazione della D.g.r., ha consegnato a Regione Lombardia un documento preliminare che non è di competenza della ASST, prima che fosse nominata la segreteria tecnica che avrebbe dovuto elaborarlo;
· la nomina della segreteria tecnica, uno dei primi atti formali necessari per la definizione dell’Accordo di Programma, è avvenuta solo nella seconda metà di dicembre, quando il processo doveva avviarsi a conclusione;
· il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana mente, sbandierando che l’Accordo di Programma è pronto (25 gennaio 2020);
· i Sindaci di Busto Arsizio Emanuele Antonelli e di Gallarate Andrea Cassani palesano la propria complicità con il silenzio.
E’ da quattro anni che l’annuncio dell’ospedale unico Busto-Gallarate riempie pagine di giornali e campagne elettorali, ed è la seconda volta che i soggetti istituzionali che lo propongono non rispettano le scadenze da essi stessi determinate. Intanto, come più volte denunciato dal Comitato per il Diritto alla Salute del Varesotto, dietro la chimera dell’ospedale unico si giustificano soppressioni e accorpamenti di reparti, con la conseguente diminuzione della ricettività delle strutture pubbliche, a vantaggio di quelle private. Oltretutto l’ipotesi dell’ospedale unico è infondata, perché non si basa su un’analisi dei bisogni sanitari e socio-sanitari della popolazione, e l’area prescelta, di enorme valore ambientale, è del tutto inadeguata per dimensioni, conformazione e accessibilità. Su questi e su altri aspetti lo scorso aprile il Comitato per il Diritto alla Salute del Varesotto ha presentato a Regione Lombardia una formale osservazione alla D.g.r. di Promozione dell’Accordo di Programma, esercitando un diritto sancito dal comma 3 dell’art. 6 della LR 02/2003 [e confermato dalla nuova LR 19/2019], senza però ricevere alcuna risposta. Forse ai vertici di Regione Lombardia e degli altri enti proponenti non interessa dimostrare la fondatezza dell’ipotesi dell’ospedale unico e l’adeguatezza dell’area, ma indicare una prospettiva che non riescono, non vogliono o non possono realizzare, per raggiungere altri obiettivi: lo smantellamento della sanità pubblica. Nel frattempo questa mirabile schiera di subdoli decisori ha inflitto a centinaia di cittadini la pena di cambiare medici curanti e di raggiungere altre sedi di diagnosi e cura per la loro malattia.

mercoledì 8 gennaio 2020

Vicenza: la criminalità si infiltra nelle società di logistica

La Prefettura berica ha recentemente disposto una interdittiva nei confronti di una società del settore. Nei mesi scorsi la stessa azienda era stata protagonista di una dura vertenza con i lavoratori

di Andrea Rossini e Claudio De Zan, montaggio di Lorenzo Cavaglià


Nel servizio le interviste a Roberto Tommasi, Presidente di Libera Veneto; e a Gianni Boetto, Adl Cobas.

domenica 5 gennaio 2020

L’assistenza ai disabili non è mai subordinata alla disponibilità di risorse pubbliche. Asl veneta condannata al risarcimento per mancata assistenza


I disabili vanno assistiti e basta. La loro assistenza non può dipendere né dalle risorse finanziarie disponibili, né dai posti presso le strutture semiresidenziali.
A deciderlo è il Consilio di Stato con la sentenza n. 1 del 2 gennaio 2020 sull’incompleto inserimento di un minore (3 giorni su 5) in un centro diurno, perché l’Asl non aveva disponibilità economiche e si era limitata a formare una lista di attesa, erogando un contributo parziale, previsto dalla Regione Veneto a sostegno delle disabilità.



sabato 21 dicembre 2019

Ecco come Alitalia è diventata un pozzo senza fondo - Articolo

La storia dell'ex compagnia di bandiera, tre volte sull'orlo del baratro
​ Conto alla rovescia per il salvataggio di Alitalia.​ Il terzo in meno di dieci anni. La crisi della compagnia di bandiera sembra diventata ormai un fenomeno periodico, destinato a ripresentarsi a cadenze regolari, senza mai riuscire a trovare una soluzione definitiva.
Nel 2008 era stata la volta dei "capitani coraggiosi",​ come erano stati definiti gli imprenditori che, nel nome della salvaguardia dell'italianità, erano stati convinti a rilevare Alitalia per scongiurarne una fusione con Air France. Sei anni dopo l'azienda si sarebbe ritrovata di nuovo sull'orlo del fallimento e, ironicamente, un matrimonio con il vettore transalpino sarebbe tornata in agenda come l'opzione migliore per salvarla.
Alla fine, mentre i francesi continuavano ad accaparrarsi gioielli di famiglia del capitalismo italiano, la​ spuntarono gli emiratini di Etihad, con buona pace dell'italianità, dopo una trattativa faticosissima. La terza incarnazione di Alitalia spiccò il volo, tra grandi speranze, il 1 gennaio del 2015. Un anno e mezzo dopo la compagnia perdeva di nuovo mezzo milione di euro al giorno, lamentava il suo nuovo presidente,​ Luca Cordero di Montezemolo. A trasformare Alitalia in una Cariddi che inghiotte capitali pubblici e privati con rapidità​ travolgente è​ stata una lunga serie di scelte imprenditoriali sbagliate e di interventi mal calibrati della politica che iniziano già negli anni '90, all'epoca della prima privatizzazione.
La crisi degli anni '90 e la prima privatizzazione
Le prime turbolenze finanziarie risalgono a meta' anni '90, cinquant'anni dopo la fondazione.​ Cinquant'anni nei quali, sotto il controllo completo dello Stato (l'Iri prima, il ministero del Tesoro poi), Alitalia aveva funto anche da macchina per generare consensi politici a colpi di assunzioni. Un sistema destinato a morire con la fine della Prima Repubblica e con l'ingresso dell'Italia nell'unione monetaria. Con i parametri di Maastricht da rispettare non è​ più​ tempo di spese allegre. Costi che già​ allora rendevano il vettore poco competitivo rispetto alla concorrenza.
Nel 1996 il governo Prodi​ avvia la prima privatizzazione: il 37% del capitale viene quotato in borsa. Manca un partner industriale di peso. Nel 1999 viene la scelta cade sugli olandesi di Klm. Il sodalizio si spezza appena nove mesi dopo.
La rottura con Klm e la tegola dell'11 settembre
All'origine della rottura tra Alitalia e Klm c'è​ lo scontro su quale avrebbe dovuto essere l'hub principale​ del gruppo. Klm puntava sullo scalo milanese di Malpensa. La classe politica di allora non volle però​ far perdere a Fiumicino il primato dei cieli italiani. Il 28 aprile 2000 la compagnia olandese pubblica un comunicato di fuoco nel quale accusa senza mezzi termini l'esecutivo di non aver rispettato i patti. Il presidente di Klm, Leo Van Wijk, afferma che il​ principale responsabile del divorzio​ è "chiaramente" il governo, laddove il comportamento dell'amministratore delegato di allora, Domenico Cempella, "non è particolarmente da biasimare".​
Poco più di un anno dopo, gli​ attentati alle Torri Gemelle​ sferrano un colpo di maglio sul settore. Tutti hanno paura di volare. Ma per un biglietto a poche decine di euro, il rischio si puo' correre, riflette un ambizioso imprenditore irlandese,​ Michael O' Leary, che nel 1991 ristruttura una piccola compagnia aerea locale, RyanAir con una determinazione ferrea nel volerla trasformare in un gigante dell'aviazione.
Ryanair cambia le regole del gioco
O' Leary cambia le regole del mercato con una rapidità​ tale​ da non lasciare ai concorrenti il tempo di controbattere, se non di respirare. Dal 1999 al 2002 i passeggeri trasportati da RyanAir passano da poco più di 5 milioni a 13 milioni e mezzo all'anno. Tutte le compagnie di bandiera europee accusano il colpo ma a subire le conseguenze più dure sono quelle, come Alitalia, che avevano zavorre competitive di lunga data.
Gli anni successivi vedranno polverizzarsi il​ prezzo delle azioni del gruppo, che dal 2001 al 2006 passa​ da 10 euro a circa 1,5 euro. I passeggeri si dimezzano in dieci anni con la quota di mercato che passa dal 50% al 25% del 2005. Nel frattempo.......

sabato 23 novembre 2019

L'implosione del Sud America

Proteste popolari e indigene in Cile e in Ecuador, elezioni in Argentina e in Bolivia, dove Evo Morales, rieletto per il quarto mandato, è stato costretto alle dimissioni. Il Brasile di Bolsonaro e gli interessi degli Stati Uniti. Che cosa sta accadendo in America Latina? Intervista a Giorgio Tinelli, professore dell’Università di Bologna.
A fine ottobre in Cile un milione di persone sono scese in piazza per chiedere le dimissioni del presidente Sebastian Piñera e la convocazione di un’assemblea costituente. In Ecuador, indigeni e movimenti sociali hanno costretto il governo a ritirare misure economiche imposte dalle istituzioni finanziarie internazionali. In Bolivia il presidente Evo Morales s’è dimesso, il 10 novembre, dopo un report dell’Organizzazione degli Stati Americani che​ ​ provava la frode elettorale durante le elezioni presidenziali di fine ottobre. Il 9 novembre, in Brasile, l’ex presidente della Repubblica Luiz Inacio Lula da Silva, del Partito dei lavoratori, è uscito dal carcere dov’era stato confinato 19 mesi fa, perché gli fosse impedito di correre nuovamente per la guidare il Paese, spianando così la strada al candidato della destra, Jair Bolsonaro, responsabile tra l’altro degli attacchi all’integrità della foresta amazzonica. Sono frammenti di un processo che riguarda tutto il Sud America. Il professor Giorgio Tinelli, docente del Master in relazioni internazionali Europa-America Latina dell’Università di Bologna-rappresentanza in Argentina, con sede a Buenos Aires, aiuta a legarli.
Le mobilitazioni in Cile e in Ecuador hanno riaperto la finestra dei media sull’America del Sud. Nel primo decennio del XXI secolo quest’area aveva rappresentato una speranza perché guidata da governi progressisti. Che cosa s’è inceppato? Perché?

GT​ Il tentativo di assemblare una sorta di nuovo pan-latinoamericanismo di tipo bolivariano, con una forte impronta antimperialista e anti-neoliberista, ha coinvolto i Paesi che avevano sposato in quel periodo modelli economici la cui tensione era il superamento degli aggiustamenti strutturali dell’economia. Questi allargavano da decenni la “forbice” sociale tra settori di​ élites​ economiche​ todopoderosas​ ed enormi agglomerati di popolazione che vivevano in stato di povertà, quando non con privazioni tali da essere considerati in assoluta indigenza. Il fallimento del tentativo di fare fronte unico, ovverosia l’ALBA (Alternativa Bolivariana para las Americas), si deve a molti fattori, ma tra questi quello della diversità tra le diverse esperienze politiche in gioco credo che sia uno dei più importanti. A mio avviso, perciò, sono da evitare generalizzazioni troppo semplicistiche su similitudini e comuni tendenze politiche di congiuntura: anche nel periodo d’inizio secolo il denominato “nuovo corso di sinistra” latinoamericano presentava chiare incongruenze e molte diversità tra i vari Paesi che avevano attuato scelte politico-elettorali in controtendenza rispetto al periodo precedente.

martedì 5 novembre 2019

Microsoft prova la settimana lavorativa di 4 giorni (e la produttività si impenna) Art

Microsoft testa la settimana corta in Giappone
Nell'ambito di questo esperimento, Microsoft ha concesso ha deciso di chiudere il venerdì la sua sede di​ Tokyo, con i suoi​ 2.300​ dipendenti​ che hanno avuto tre giorni liberi ogni settimana per un mese. Un test che è servito per valutare quale sarebbe stato l'impatto di una settimana ridotta, sia sulla vita dei lavoratori, sia sulla produttività. Con grande sorpresa, analizzando i dati dell'esperimento, Microsoft ha notato come durante quel periodo la​ produttività, misurata in termini di vendite per ogni dipendente, sia aumentata​ del​ 39,9%​ rispetto al mese di agosto del 2018. Ma in vantaggi della settimana corta non hanno riguardato soltanto la produttività: Microsoft ha certificato anche un calo dei​ costi​ aziendali.
Ad esempio, il consumo di​ energia​ elettrica​ è diminuito del 23,1%, mentre quello di​ carta​ è sceso del 58,7%. Feedback positivi anche da parte de dipendenti che quasi all'unanimità (il 92,1%) hanno affermato di​ apprezzare​ una settimana lavorativa di quattro giorni. Visti i risultati positivi, l'azienda sembra intenzionata a riproporre l'esperimento anche nel corso del prossimo inverno: una strada che porta ad un lavoro sempre più flessibile e che può tradursi in benefici per i livelli di stress dei lavoratori.
Today.it

Migranti, dati oltre le bufale: fanno bene al bilancio dello Stato | Il Dossier Statistico Immigrazione 2019 Art

I migranti​ sono sempre al centro dell'attenzione mediatica, un'attenzione che tuttavia si concentra sul "problema sicurezza" e su quello degli​ sbarchi. Occorre allargare il discorso​ ragionando su dati reali e non su percezioni che troppo spesso si plasmano a beneficio della propaganda politica​ direttamente connessa alla retorica della "invasione".
In primis quindi​ i numeri:​ nell'ultimo anno sono sbarcati in Italia un quinto dei migranti approdati in Grecia e la metà di quelli approdati in Spagna. In tale contesto, è sorprendente constatare che i 20 casi mediatici delle navi umanitarie cui il governo gialloverde ha vietato l’attracco - bloccandole in mare per una media di circa 10 giorni ciascuna - con la dottrina dei "Porti Chiusi" hanno riguardato, nel complesso, una quota di migranti minoritaria a fronte delle migliaia che nel frattempo sono approdare con i cosiddetti "barchini fantasma".
Come mette in luce il "Centro Studi e Ricerche IDOS" il fenomeno migratorio che coinvolge l'Italia è dominato a priori da un problema: il restringimento delle possibilità di​ entrata legale​ per i​ migranti economici. Ciò porta ad un flusso misto in cui si mescolano con i​ profughi: l'effetto è un vero e proprio ingorgo di richieste di asilo che nella maggior parte dei casi si risolve con un rigetto: su 95.200 domande esaminate nel 2018 solo un terzo è sfociato in una qualche forma di protezione.
Ciò​ premesso è necessario fare i conti con la realtà dell'immigrazione in Italia:.......
Today.it

giovedì 17 ottobre 2019

GALLARATE - BUSTO ARSIZIO L’ospedale più grande della provincia. “Ma con 200 medici in meno” Art.


Fumo, tanto fumo sull’ospedale unico.
Fumo negli occhi, per dire quelle poche cose che già si sanno, senza un accenno ai posti letto che si perderanno, ai tempi di attesa già oggi oltre l’accettabile. Cita un documento in discussione, il direttore generale. Dice che qual documento non è segreto. Ma non dice nulla di quello che vi è scritto, né lo rende disponibile. Non è segreto, ma non si può leggere. E rimanda ogni risposta sullo spazio inadatto e ridotto nell’area di Beata Giuliana allo studio di fattibilità che ci sarà.
Rassicura sui medici, senza alcuna riflessione sui quasi duecento medici che l’ASST ha perso in due anni, di cui solo una parte per pensionamento. Non una parola sugli infermieri, sempre meno e con carichi di lavoro sempre maggiori. Cerca di rassicurare chi nelle fila della Lega si è accorto della contrarietà dei cittadini all’ospedale unico che vivono il progressivo svuotamento degli ospedali esistenti. Ma nel presentare il “progetto oncologia” ammette che quella scelta è frutto del lavoro verso l’ospedale unico.
Vanta di realizzare il più grande ospedale della provincia. Che però ne sostituisce due, complessivamente ben più grandi. Ammette che gran parte dei 400 milioni serviranno per costruire la struttura e che servirà vendere le aree dismesse dei due ospedali esistenti per poi riempirlo dei macchinari che servono. Dando per scontato che si venderanno facilmente e lasciando immaginare l’inutilità delle discussioni nei comuni di Gallarate e Busto Arsizio su cosa si intende fare delle aree dismesse. Si dovrà vendere cercando il maggior profitto, se oltre all’ospedale vogliamo anche le TAC.
Sugli aspetti urbanistici, bocca cucita da parte di Antonelli. Il Sindaco prende la parola solo di fare il processo alla parte del pubblico che, visto l’orario, ha dovuto andarsene prima del termine. Poche settimane fa si era inalberato per non essere stato consultato in merito all’azzeramento dei posti letto in oncologia a Busto, resa pubblica dal comitato. Oggi pare delegare al direttore sanitario anche gli aspetti urbanistici, e non dice nulla sui gravi problemi ambientali che la prevista collocazione del nuovo ospedale comporterà per la città, e sul destino delle vecchie aree. Ma sarà lui che, sottoscrivendo l’Accordo di Programma, approverà le varianti urbanistiche; a quel punto il consiglio comunale sarà chiamato solo a ratificare.
Intanto l’ospedale unico e gli appetiti su quanto attorno sarà possibile costruire (le aree oggi agricole della SS336) ritornano nelle ammissioni di chi, arrestato, sta collaborando con la Magistratura dopo le indagini che da Lonate Pozzolo sono arrivate a Gallarate e Milano
varesenews.it

domenica 22 settembre 2019

Lombardia. Caso Maugeri: Corte dei conti chiede 47,5 mln di risarcimento a Formigoni, ex vertici e “pontieri” Art

17 SET​ - Con sentenza n. 231 depositata il 16 settembre 2019, la Corte dei conti – Sezione giurisdizionale della Lombardia, a seguito di atto di citazione della Procura regionale, ha condannato in via solidale l’ex- Presidente della Regione Lombardia,​ Roberto Formigoni,​ gli ex-vertici della Fondazione Maugeri,​ Umberto Maugeri​ e​ Costantino Passerino,​ e la Fondazione stessa, nonché alcuni “pontieri” coinvolti nel “maneggio di fondi di provenienza pubblica”,​ Pierangelo Daccò​ e​ Antonio Simone,​ al risarcimento del danno erariale pari ad euro 47.485.583,00, oltre accessori, in favore della Regione Lombardia, convertendo in pignoramento il sequestro conservativo già autorizzato con separato provvedimento. Lo fa sapere la Corte dei Conti in una nota.

Il collegio giudicante ha parzialmente accolto la domanda della Procura,​ limitando la condanna ad un importo minore di quello richiesto in citazione e dichiarando il difetto di giurisdizione nei confronti di uno dei soggetti convenuti, ma ha sostanzialmente riconosciuto la fondatezza dell’impianto accusatorio, accertando “l’esistenza di un complesso sistema illecito che coinvolgeva i soggetti predetti ed una rete di società italiane ed estere costituenti il tramite per drenare elevati importi di denaro, erogati alla Fondazione Maugeri dalla Regione Lombardia a titolo di remunerazione delle c.d. “funzioni non tariffabili”, e destinarli ad alcuni dei convenuti”.
quotidianosanita.it

venerdì 13 settembre 2019

L’allarme: «Chiude l’Oncologia dell’ospedale di Busto: zero posti letto» articolo

BUSTO ARSIZIO​ –​ «Chiude l’Oncologia di Busto Arsizio e ora i cittadini saranno costretti a rivolgersi altrove. Con la questione dell’ospedale unico è ormai evidente che l’unico obiettivo è quello di ridurre i servizi».
A dare la brutta notizia è​ Cinzia Colombo, voce del​ Comitato per il diritto alla salute del Varesotto,​ con una nota ufficiale piuttosto dura sia nei confronti del​ direttore generale dell’Asst Eugenio Porfido, sia nei confronti dei​ sindaci Emanuele Antonelli di Busto, Andrea Cassani​ di Gallarate​ «impegnati solo a variare i pgt», quando, insieme agli altri primi cittadini dei Comuni limitrofi, invece dovrebbero far sentire «la propria voce di tutori della salute pubblica».
Zero posti letto per l’Oncologia di Busto
Il direttore generale dell’Asst Valle Olona gioca brutti scherzi. Ma la salute non è uno scherzo.​ Dopo avere annunciato le chiusure di alcuni reparti per il periodo estivo – si legge nella nota del Comitato – lasciando intendere che a settembre avrebbero potuto non riaprire, dopo avere fatto qualche passo indietro, garantendone la riapertura a settembre, a seguito delle pressioni della società civile e dei cittadini, il direttore generale ci riprova.
malpensa24.it

BUSTO ARSIZIO La denuncia: “Azzerati i posti letto per i malati oncologici a Busto” articolo

Secondo il Comitato per il diritto alla salute del Varesotto la riorganizzazione avrebbe portato alla chiusura del reparto di degenza oncologica: "Malati costretti ad andare in strutture private"
Il​ Comitato per il diritto alla salute del Varesotto​ denuncia un nuovo​ taglio di posti letto all’ospedale di Busto Arsizio, questa volta la scure si è abbattuta sul​ reparto di oncologia​ dove – scrivono in una nota – sarebbero stati azzerati i posti letto
«Il direttore generale dell’ASST Valle Olona gioca brutti scherzi.​ Ma la salute non è uno scherzo. Dopo avere annunciato le chiusure di alcuni reparti per il periodo estivo, lasciando intendere che a settembre avrebbero potuto non riaprire, dopo avere fatto qualche passo indietro, garantendone la riapertura a settembre, a seguito delle pressioni della società civile e dei cittadini, il D.G. ci riprova. I posti letto dell’oncologia di Busto Arsizio sono rideterminati in 0 posti letto. Zero, nessun posto letto.

martedì 11 giugno 2019

BUSTO ARSIZIO Il Comitato per il diritto alla Salute: “Del nuovo ospedale sappiamo solo chi gestirà il bar”

«Mentre continua il progressivo depotenziamento degli ospedali di Gallarate e Busto Arsizio, con la prevista chiusura della pediatria a Gallarate, che sta provocando diverse contrarietà anche fra i lavoratori dell’ospedale, i pediatri di base, le associazioni di volontariato, mentre sul versante dell’ospedale unico, si continua a ignorare quali reparti avrà e quali invece scompariranno o verranno ridimensionati, visto la prevista riduzione di almeno 150 posti letto, si è già proceduto ad affidare la gestione del bar alla Cooperativa presidiata da Giuseppe Filoni, uomo di Caianiello indagato nell’indagine “Mensa dei poveri”».
varesenews.it

SOLIDARIETÀ AL CRAL DELL’OSPEDALE Presidio contro l’ospedale unico: “Progressivo depotenziamento dei reparti”

Sono diversi i fronti sui quali si batte il Comitato per la Salute del Varesotto che ha manifestato, nel pomeriggio di martedì 11 giugno, davanti all’ingresso dell’ospedale di Busto Arsizio.
Innanzitutto la questione ospedale unico: “Da due anni ne stanno parlando, è stato deciso dove farlo senza che ci sia uno straccio di progetto rispetto alla salute e nessuna analisi dei bisogni sanitari – evidenzia la referente del Comitato, Cinzia Colombo – il  progetto, al momento, è solo urbanistico. Questo evidentemente è un problema perché la prima preoccupazione della Regione e del direttore generale dovrebbe essere quella di assicurare la salute a noi cittadini. La direzione precedente aveva garantito che non ci sarebbero state diminuzioni dei posti letto – prosegue Colombo – ora scopriamo che invece verranno ridotti di almeno 150, il che vuol dire che alcuni reparti verranno cancellati o depotenziati”.
C’è inoltre preoccupazione per la prevista chiusura estiva dei reparti di Pediatria a Gallarate e di Oncologia a Busto:
informazioneonline.it

mercoledì 22 maggio 2019

Ospedale unico? “Devono decidere tutti i Comuni, non solo Busto e Gallarate”

Il Comitato per il Diritto alla Salute sta contattando tutti i sindaci del territorio. "Le chiusure della pediatria a Gallarate e dell’oncologia a Busto decise senza nessun coinvolgimento territoriale
Riceviamo e pubblichiamo il comunicato del Comitato per il Diritto alla Salute del Varesotto, che prende le mosse dalla notizia dell’accorpamento tra reparti degli ospedali di Busto e Gallarate.
alcun coinvolgimento dei servizi territoriali.

Il Comitato per il Diritto alla Salute del Varesotto ha inviato a tutti i Sindaci dei comuni afferenti la ASST Valle Olona una lettera per chiedere loro di aderire al Comitato per l’accordo di programma per la realizzazione dell’ospedale unico di Busto Arsizio e Gallarate. La lettera è stata portata anche alla conoscenza dei candidati sindaci dei comuni ove si terranno le elezioni per il rinnovo delle 
Varesenews.it

Ospedale unico, “devono partecipare e decidere tutti i comuni”

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato a firma del “Comitato per il Diritto alla Salute del Varesotto” che si rifà al progetto dell’ospedale unico di Busto-Gallarate e alle chiusure, annunciate in questi giorni, della pediatria a Gallarate e dell’oncologia a Busto Arsizio.
Il Comitato ha inviato una lettera a tutti i sindaci dei comuni che ricadono nel distretto sanitario della “Valle Olona” invitandoli ad aderire al “Comitato che dovrà decidere se e come verrà fatto l’ospedale unico”. Di seguito, il testo integrale.
“Le chiusure della pediatria a Gallarate e dell’oncologia a Busto Arsizio, annunciate in questi giorni, che forse neppure riapriranno dopo il periodo estivo, rendono evidente come l’ipotesi di ospedale unicoincida sulla qualità del servizio sanitario pubblico, indebolendoprogressivamente le attività degli ospedali esistenti.

lunedì 18 marzo 2019

LA MOBILITAZIONE Firme contro l’ospedale unico Art. La prealpina

«Facciamo un po’ di battaglia, altrimenti siamo a terra». «Sì, sì, veramente».
Lo scambio di battute - uno dei tantissimi - è tra una signora di mezz’età e i promotori del gazebo davanti all’ingresso del mercato in via Torino contro l’ospedale unico che dovrà sorgere nel quartiere di Beata Giuliana a Busto Arsizio.
Proprio in questi giorni è tornato d’attualità l’argomento dopo che la Regione ha rilanciato la volontà di realizzarlo e il sindaco Andrea Cassani ha posto una serie di condizioni (per ora viabilistiche) a difesa di Gallarate. Ecco un buon motivo, secondo il comitato, per tornare in piazza. A cominciare dal mercato gallaratese.
Non lasciatelo marcire
«Ma cosa fanno, lo lasciano marcire il Sant’Antonio Abate?». A chiederselo è un altro dei passanti che si ferma ad ascoltare le ragioni del Comitato per il diritto alla Salute del Varesotto (così si chiama). E poi firma la petizione in cui «i cittadini chiedono il mantenimento e il miglioramento dei servizi degli ospedale di Busto e di Gallarate e sono contrari alla costruzione di un ospedale unico».
Raccolta firme indirizzata alla presidenza della Regione e, per conoscenza, ai Comuni interessati.
Al termine della mattinata sono 124 le sottoscrizioni raccolte, certificate dal numero di carta d’identità. Vanno ad aggiungersi a quelle dei mesi scorsi, per un totale di 2.500.

martedì 12 marzo 2019

BUSTO ARSIZIO - GALLARATE Un’altra ripartenza per un ospedale unico senza sanità

La posizione del Comitato per il diritto alla salute del Varesotto in merito al riavvio dell'accordo di programma per il nuovo ospedale unico di Busto e Gallarate
Un’altra ripartenza per un ospedale unico senza sanità. Questo il titolo del comunicato diffuso dal Comitato per il diritto alla Salute del Varesotto, in risposta al riavvio della procedura per l’accordo di programma del nuovo ospedale unico di Busto Arsizio e Gallarate. Ecco la posizione degli aderenti:

“Nell’estate di due anni fa, senza coinvolgere i consigli comunali, i Comuni di Busto e Gallarate aderivano ad un protocollo d’intesa con la Regione che li impegnava ad agevolare il percorso che prevedeva la
chiusura degli attuali ospedali di Gallarate e Busto Arsizio e la realizzazione di un unico polo ospedaliero tra Busto e Gallarate.
Furono anche stanziati dei soldi per fare il documento di fattibilità delle alternative progettuali per il nuovo ospedale unico. Nulla è stato fatto. Ora, a valle di nuove disponibilità finanziarie ancora da verificare (sono insufficienti e devono essere condivise con il progetto di un nuovo Ospedale a Milano) la procedura per arrivare ad un unico ospedale si è rimessa in moto: si dà avvio ad un accordo di programma che si basa ancora sullo stesso documento preliminare redatto nell’aprile di 2 anni fa senza prevedere la valutazione delle alternative alla realizzazione di un unico polo ospedaliero.
Nel frattempo molte denunce sono state fatte sulla sempre più grave situazione della sanità del nostro territorio a cui si risponde con pannicelli caldi o prese in giro (il problemi della sanità dipendono da qualche povero senzatetto che dorme in qualche angolo degli ospedali?) ma senza intervenire sulle norme e mettere le necessarie risorse economiche per risolvere il problema delle code per gli esami e dell’affollamento del Pronto Soccorso.
Rovesciando le norme di una corretta progettazione, il come viene prima del cosa. Invece di definire cosa è necessario per gli operatori e i cittadini in ambito sanitario e poi decidere dove allocare le risorse
economiche e come realizzare i servizi e le specialità in funzione dei bisogni individuati, si impone che la soluzione di tutti i problemi sia un unico ospedale. Non si ritiene utile fare analisi e valutazioni sullo stato della rete di servizi sanitari sul territorio, su quali strutture degli attuali ospedali siano riutilizzabili, né se sia possibile realizzare gli eventuali nuovi edifici in parte delle aree attualmente occupate.
L’impatto ambientale e urbanistico della nuova costruzione e
l’ulteriore consumo di suolo non sono tenuti nel conto del bilancio dei costi. L’accordo di programma prevede un fase di valutazione che si vuole ridurre solo alle questioni urbanistiche di una decisione già assunta. Noi riteniamo che invece sia l’occasione, coinvolgendo anche le amministrazioni dei comuni limitrofi, di aprire una discussione con i cittadini e nelle istituzioni che consenta di valutare le varie opzioni, che dimostri, come riteniamo, che una probabile riduzione di posti letto, un unico Pronto Soccorso per 200000 abitanti, il conseguente continuo smantellamento degli ospedali minori e la mancata realizzazione di una rete diffusa di presidi ospedalieri e socio-sanitari pubblici non sia la migliore soluzione per la sanità nel nostro territorio. I cittadini che contribuiscono in toto alle spese per la sanità con le tasse, i ticket e gli esami pagati di tasca propria potranno conoscere se i loro soldi sono spesi nel migliore progetto possibile per tutta la sanità del territorio?
Il nostro Comitato si attiverà per intervenire con i propri argomenti nel percorso ri-avviato e chiede ai cittadini e alle forze politiche di agire di concerto affinché l’importante investimento previsto non venga dissipato in un progetto che aggrava i problemi del territorio e della sanità pubblica ma sia dirottato verso un effettivo cambio di paradigma che metta fine alla politica dei tagli nella sanità.”