- il 17 maggio 2013 è nata ADL Varese - Democrazia, Trasparenza, Autonomia e Coerenza non devono essere solo delle parole vuote - ADL Varese non vuole essere ne più grande ne più bella ne più forte, ma semplicemente coerente -

- nel 1992 nascono FLMUniti Varese e CUB Varese, contemporaneamente nascono FLMUniti Nazionale e CUB Confederazione Nazionale -

- nel 2010 tutte le strutture di categoria della CUB Varese insieme a SDL Varese e RDB Varese si fondono e danno vita a USB Varese -

- nel 2013 USB Varese delibera a congresso l'uscita da USB e la nascita di ADL Varese mantenendo unite le precedenti strutture ex SDL Varese ex RDB Varese ex CUB Varese - -

lunedì 29 luglio 2019

Overshoot Day, al 29 luglio sfruttate tutte le risorse 2019 del Pianeta

Il 29 luglio l'uomo avrà utilizzato tutte le risorse naturali che la Terra può rigenerare nel 2019.

Lo scrive sul suo sito il Global Footprint Network, l'organizzazione di ricerca internazionale che tiene la contabilità dello sfruttamento delle risorse naturali (la cosiddetta "impronta ecologica" dell'uomo).

Il giorno del sovrasfruttamento (in inglese, Earth Overshoot Day) segna la data in cui il consumo di risorse da parte dell'uomo eccede ciò che gli ecosistemi della Terra sono in grado di rigenerare per quell'anno. Da quel giorno, l'umanità comincia a consumare più di quello che il pianeta riesce a riformare durante l'anno, bruciando risorse del futuro.

Secondo il Global Footprint Network, l'Italia ha raggiunto il suo Overshoot Day 2019 già il 15 maggio. Per soddisfare i consumi degli italiani, servono le risorse di 4,7 paesi come l'Italia. Solo il Giappone al mondo consuma di più in rapporto a quello che produce: 7,7 volte. Dopo vengono Svizzera (4,6), Gran Bretagna (4,0) e Cina (3,8). In media, tutto il mondo consumerà nel 2019 le risorse di 1,75 pianeti.

www.ansa.it

domenica 28 luglio 2019

La Francia approva il Ceta tra le proteste

L'Assemblea Nazionale francese ha ratificato il Ceta, il trattato di libero scambio fra Unione Europea e Canada, malgrado le proteste di gruppi ambientalisti, dell'opposizione nonché i malumori di parte del partito La République en Marche (Lrm) del presidente presidente​Emmanuel Macron.
L'opposizione interna alla maggioranza
L'accordo è stato approvato con 266 voti favorevoli, 213 contrari e 74 astensioni. Ben 52 deputati di Lrm si sono astenuti, mentre 9 hanno votato contro. Una tendenza analoga è stata registrata nell'altro partito di governo, il MoDem (Mouvement démocrate) con sei astenuti, due voti contrari e 32 a favore. L'opposizione di sinistra e di destra si è invece espressa interamente contro la legge. Il testo deve ora essere sottoposto al voto del Senato in una data ancora da decidere. La parola passa ora al Senato, ma al momento la data del voto non è stata fissata. Le defezioni nella maggioranza sono un segnale preoccupante per il governo, che mai prima d'ora ha avuto un'opposizione interna così forte. Prima del voto La République en marche ha organizzato una serie di riunioni per spiegare i dettagli del testo e convincere i suoi parlamentari.
Ambientalisti e agricoltori contrari
L'accordo è stato fortemente criticato anche delle associazioni di ambientalisti e di agricoltori, che hanno denunciato i problemi legati alla concorrenza sleale che deriveranno dall'accordo commerciale con il Canada. "Abbiamo un'agricoltura in difficoltà. Non possiamo chiedere ai nostri agricoltori i fare dei prodotti di qualità ed importarne altri che non rispettano queste esigenze",
europa.today.it

venerdì 26 luglio 2019

Comunicato del Movimento Notav Non c’erano e non ci sono governi amici, l’abbiamo sempre saputo!

Dopo la diretta Facebook del Presidente Conte c’è finalmente chiarezza e come abbiamo sempre sostenuto: amici dalle parti del governo non ne abbiamo mai avuti. La manfrina di tutti questi mesi giunge alla parola fine e il cambiamento tanto promesso dal governo, getta anche l’ultima maschera, allineandosi a tutti i precedenti. E’ dal 2001 che risentiamo le solite parole da parte dei vari presidenti​ del Consiglio, e quelle oggi di Conte, anche se condite dalla “responsabilità del padre di famiglia” , non sono altro che la solita dichiarazione di chi cambia tutto per non cambiare niente, tenendo in piedi un dibattito in questi mesi, che è sempre stato ambiguo negli atti concreti, e questo è il risultato.
Non farlo costerebbe più che farla?
E’ solo una scusa per mantenere in piedi il governo e le poltrone degli eletti, sacrificando ancora una volta sull’altare degli interessi politici di pochi, il futuro di molti. Conte fino a poco tempo fa si era detto convinto che quest’opera non serviva all’Italia perchè troppo costosa per i benefici. Aveva letto bene l’analisi consegnatagli dalla commissione nominata, ed ora ha cambiato idea, fulminato sulla via di Damasco da promesse di finanziamenti europei o da equilibri politici da mantenere? Abbiamo sempre definito il sistema Tav il bancomat della politica ed è solo di oggi la richiesta di arresto per il direttore della CMC che è il general contractor della Torino Lione. Un piccolo esempio di cosa abbia scelto il presidente Conte, altro che interessi degli Italiani!
Cosa cambia ora?
Per noi assolutamente nulla perché sono 30 anni che ogni governo fa esattamente come quello attuale: annuncia il si all’opera e aumenta il debito degli italiani facendo leva su un fantomatico interesse nazionale che non c’è e che nessuno dimostrerà mai. Noi faremo quello che abbiamo sempre fatto, convinti di essere dalla parte del giusto, e dalla parte di quella maggioranza del Paese che dalla Torino Lione non trarrà nessun vantaggio, ma un danno economico e ambientale, che pagheremo tutti. Conte e il governo che presiede saranno gli ennesimi responsabili di questo scempio ambientale, politico ed​ economico.
Ci chiediamo ora cosa faranno tutti quelli del Movimento 5 stelle che al parlamento si sono detti notav, ci chiediamo se avranno coraggio e coerenza o, come per altri punti politici tanto cari, che non si sono rivelati tali, faranno finta di niente tirando a campare.
Ma per coraggio e coerenza non intendiamo la sceneggiata già pronta da tempo, e che la mossa di Conte conferma, di portare il voto in un parlamento dove il voto è già scontato e dove il Movimento​ 5 stelle voterebbe contro, tentando di salvarsi la faccia dicendo “siamo coerenti, abbiamo fatto tutto il possibile”.
Noi invece sapremo sempre cosa fare, proseguendo la nostra lotta popolare per fermare quest’opera inutile ed imposta. Lo faremo come abbiamo sempre fatto mettendoci di traverso quando serve e portando le nostre ragioni in ogni luogo di questo Paese, che siamo convinti, sta con noi.
Dimostreremo fin da subito la nostra vitalità, con il festival Alta Felicità che prenderà il via giovedì portando migliaia di notav nella nostra Valle, e che porteremo tutti insieme a vedere il cantiere sabato pomeriggio!
Fermarlo è possibile, fermalo tocca a noi!

lunedì 22 luglio 2019

La critica alla globalizzazione I perché di Genova 2001

I perché di Genova 2001 - Intervista a​ Vittorio Agnoletto​ di​ Danilo​ Minisini​ e​ Laura Tussi - Tempi di Fraternità e PeaceLink: intervista a Vittorio Agnoletto medico, docente universitario, portavoce del Genoa Social Forum nel 2001
1 -Sono passati quasi vent’anni da Genova 2001. Un momento che ha segnato la vita di molte persone e che ancora oggi, dopo tante analisi politiche, indagini, processi, è una ferita aperta nella storia italiana. Quali sono stati, secondo lei, gli aspetti più significativi di quell’evento?
​ Purtroppo quando si parla di Genova 2001, l’attenzione è concentrata solo su quanto accaduto venerdì 20 luglio e sabato 21 luglio, sull’attacco dei carabinieri al corteo delle tutte bianche, l’uccisione di Carlo Giuliani, la tremenda repressione, le violenze perpetrate da parte delle forze dell’ordine, poi l'assalto alla scuola Diaz e le violenze e le torture di Bolzaneto. Ci si dimentica sempre che il Forum di Genova - perché di questo si trattava di un Forum vero e proprio - è iniziato lunedì 16 luglio con una serie di incontri pubblici ai quali hanno partecipato decine di migliaia di persone per la stragrande maggioranza giovani, che venivano non solo dall’Italia, ma da tutta Europa e con delegazioni anche da altri continenti. Questa è stata un’autentica "università a cielo aperto" che riprendeva le modalità e gli stessi contenuti che avevano animato, solo sei mesi prima, a gennaio 2001, il primo Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre. Invito, chi è interessato, ad approfondire quelle vicende e a leggere le registrazioni delle assemblee del Forum di Genova, perché ascoltandole si capisce l’attualità dei temi che il movimento sollevava.
Si comprende quanto noi avevamo ragione. Nell’assemblea di apertura, uno dei principali relatori era Walden Bello che era il direttore di Focus on the ​ Global South, uno dei dirigenti del movimento antiliberista più conosciuto in tutto il continente asiatico e non solo. Walden intervenendo nel Forum di apertura, disse: “Attenzione se continua questo modello di sviluppo, nel giro di pochi anni, noi assisteremo a tali cambiamenti a livello del pianeta che produrranno un forte rischio per la vita di milioni e milioni di persone". Walden Bello parla nel 2001 prima dello tsunami che travolge una parte del continente indiano e prima che i cambiamenti climatici e il tema dello scioglimento dei ghiacciai e dell’aumento delle temperature diventassero argomenti di discussione quotidiana. Nella stessa assemblea di apertura Susan George, allora presidente di Attac Francia, una delle principali organizzazioni europee, aveva detto: "Attenzione! se prosegue la finanziarizzazione dell’economia, nel giro di pochi anni l’Europa andrà incontro a una crisi economica e sociale senza precedenti". È esattamente quello che è avvenuto. Tutti i temi oggi di grande attualità che erano già presenti allora.
Per fare un altro esempio, a Genova 2001 ....
peacelink.it

sabato 20 luglio 2019

L’industria tessile e la chimera dei salari dignitosi

I brand internazionali della moda promettono stipendi adeguati ai lavoratori ma non mantengono gli impegni presi. La denuncia in un nuovo report della Clean Clothes Campaign: “La povertà nell’industria tessile si sta aggravando. È arrivato il momento che i marchi siano ritenuti responsabili di questo sistema di sfruttamento”
Il salario minimo nelle fabbriche tessili del Bangladesh non copre nemmeno un quarto della cifra necessaria a una famiglia per sopravvivere. In Romania e in molti altri Paesi europei il​ gap​ è ancora più evidente: i lavoratori guadagnano solo un sesto di quello che servirebbe a vivere dignitosamente e a mantenere una famiglia. A seguito di questa situazione, i lavoratori sono costretti a vivere in condizioni di sovraffollamento, spesso non sono in grado di mandare a scuola i propri figli o sono costretti a contrarre debiti per affrontare le spese quotidiane. Per cercare di far quadrare i conti, in molti casi i lavoratori sono costretti ad accettare turni straordinari eccessivi.
È quanto emerge dal rapporto “Tailored Wages 2019: The state of pay in the global garment industry” curato dalla “Clean Clothes Campaing”, che analizza il comportamento di 20​brand​ internazionali dell’abbigliamento per quanto riguarda l’impegno a garantire ai propri lavoratori un salario dignitoso (living wage) che deve essere corrisposto nel quadro di una settimana lavorativa di 48 ore e che permette di “soddisfare le esigenze di base di un lavoratore e della sua famiglia”: l’acquisto di cibo, il pagamento di un affitto, le spese di trasporto e quelle sanitarie, i costi per l’istruzione dei figli e la possibilità di risparmiare dei soldi. L’85% dei brand presi in esame si era impegnato garantire salari sufficienti a coprire le esigenze fondamentali dei lavoratori (in molti casi promettendolo da almeno un decennio) ma nessuno ha mai concretamente messo in atto una politica di salari equi.
La bocciatura della “Clean Clothes Campaign” è totale. Delle 20 compagnie prese in esame, 19 hanno ricevuto il punteggio più basso possibile. In altre parole: nessuna è stata in grado di dimostrare che ai lavoratori impegnati nella produzione è stato pagato un salario sufficiente per vivere in condizioni dignitose nel proprio Paese. Tra i marchi incriminati ci sono Adidas, Amazon, C&A, Decathlon, Fast Retailing, Fruit of the Loom, GAP, G-Star RAW, H&M, Hugo Boss, Inditex, Levi Strauss & Co., Nike, Primark, Puma, PVH, Tchibo, Under Armour, and Zalando. Parziale eccezione per Gucci, i cui lavoratori possono permettersi (almeno) di mantenere una famiglia in alcune aree del Centro e del Sud.
“A cinque anni di distanza dalla nostra precedente ricerca su questo tema, nessun marchio è stato in grado di provare alcun progresso verso il pagamento di un salario sufficiente. La povertà tra i lavoratori del tessile sta aumentando -commenta Anna Bryther, autore del rapporto-. Il nostro messaggio ai brand è che i diritti umani non possono aspettare e che i lavoratori che producono i nostri vestiti devono essere pagati a sufficienza per poter vivere in condizioni dignitose”.
“Le iniziative volontarie non sono state in grado di garantire i diritti umani dei lavoratori”, è il commento di Neva Nahtigal della “Clean Clothes Campaign”, che punta il dito contro un sistema economico che spinge i prezzi dei prodotti verso il basso e spinge così i Paesi a una competizione al ribasso: “I lavoratori che producono quasi tutti i capi d’abbigliamento che acquistiamo vivono in povertà e questo è un fatto. Mentre i grandi brand si arricchiscono sul loro lavoro. È arrivato il momento che questi marchi siano ritenuti responsabili di questo sistema di sfruttamento che essi stessi hanno creato e da cui traggono profitto”, conclude Neva Nahtigal.

venerdì 19 luglio 2019

NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DI ATM presidio Milano 18 luglio ore 17 Foto





Caso F-35, ultima possibilità: "Quei 10 miliardi spendeteli per il futuro del Paese"

Caso F-35, ultima possibilità: "Quei 10 miliardi spendeteli per il futuro del Paese"


Caso F-35, ultima possibilità: "Quei 10 miliardi spendeteli per il futuro del Paese"
Anche nel cuore dell'estate non si ferma la mobilitazione "contro" gli F-35. La Campagna "Sbilanciamoci!", che da 20 anni  riunisce 46 organizzazioni e reti della società civile italiana impegnate sui temi della spesa pubblica e delle alternative di politica economica, tiene alta l'attenzione sull'argomento: "Entro il 2020 l’Italia dovrà decidere in via definitiva (aderendo o meno ai contratti “multi-year”) se acquistare tutti i 90 cacciabombardieri F-35 previsti dal piano di acquisizione. Al momento attuale il governo ha confermato che verranno sicuramente confermati i primi 28 velivoli previsti (alcuni dei quali ancora in produzione e contratti annuali sottoscritti solo per le fasi inizializzare)". 
today.it

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venerdì 12 luglio 2019

L’ospedale di Gallarate alle prese con buche nel parcheggio e ascensore perennemente guasto

GALLARATE, 8 luglio 2019- Persistono alcuni problemi all’Ospedale di Gallarate, questa volta non a carattere sanitario ma degne comunque di attenzione.
Stiamo parlando ad esempio delle disastrate condizioni in cui versa da tempo il parcheggio del nosocomio cittadino, con accesso sempre più difficoltoso causa buche nel terreno (almeno una decina) che nel tempo e senza lavori di manutenzione, si stanno sempre più allargando mettendo in seria difficoltà i mezzi che vi transitano così come i pedoni una volta parcheggiata l’auto.
<<Circa un mese fa abbiamo sollecitato il Direttore Amministrativo
perchè venissero effettuati lavori nel parcheggio-dice un delegato Adl/RSU dell’ospedale gallaratese- il quale effettivamente si è attivato avvisando chi di dovere. Nonostante ciò lo stato delle cose rimane come prima, con il parcheggio in quelle condizioni>>.
Tra le criticità l’Adl/RSU indica pure il problema ascensore utilizzato per raggiungere la mensa.Mezzo oramai logoro dagli anni di attività  e spesso fuori uso per rottura motore.
varese7press.it