- il 17 maggio 2013 è nata ADL Varese - Democrazia, Trasparenza, Autonomia e Coerenza non devono essere solo delle parole vuote - ADL Varese non vuole essere ne più grande ne più bella ne più forte, ma semplicemente coerente -

- nel 1992 nascono FLMUniti Varese e CUB Varese, contemporaneamente nascono FLMUniti Nazionale e CUB Confederazione Nazionale -

- nel 2010 tutte le strutture di categoria della CUB Varese insieme a SDL Varese e RDB Varese si fondono e danno vita a USB Varese -

- nel 2013 USB Varese delibera a congresso l'uscita da USB e la nascita di ADL Varese mantenendo unite le precedenti strutture ex SDL Varese ex RDB Varese ex CUB Varese - -

mercoledì 27 maggio 2020

LEONARDO 2020: RISULTATI DEL GRUPPO E SITUAZIONE FINANZIARIA A MARZO IL ROS CROLLA A 1.6% - INDICE DA FALLIMENTO CHIESTO UN PRESTITO DI 2 MILIARDI, ORA IL BUCO TORNA DI 5 MILIARDI

A partire dal mese di marzo, si sono registrati:
rallentamenti delle attività produttive in conseguenza delle azioni poste in essere, in linea con le indicazioni Governative (revisione dei processi industriali e dell’organizzazione del lavoro per garantire il distanziamento sociale, sanificazione degli ambienti), per la tutela della salute dei lavoratori con conseguente riduzione delle ore produttive sviluppate nel mese di marzo e minore efficienza; minori avanzamenti sui programmi a seguito dei rallentamenti sopra citati, delle restrizioni sugli spostamenti delle risorse e dell’impossibilità di accedere ai siti dei clienti, nonché della iniziale minore efficienza indotta dalla riconfigurazione di parte delle attività in modalità smart working; slittamento di consegne per l’impossibilità da parte dei clienti di effettuare le fasi di test e accettazione delle macchine, con particolare riferimento ai velivoli ATR ed agli elicotteri civili; nel trimestre si sono registrati i primi segnali di un calo della domanda nel mercato civile indotta dal severo rallentamento del settore del trasporto su scala mondiale, che sta impattando i produttori di aerei e conseguentemente condizionerà i volumi produttivi delle aerostrutture nonché le previsioni di vendita di elicotteri civili e velivoli ATR;

Il Gruppo ha reagito prontamente da un punto di vista operativo, le iniziative includono interventi volti a recuperare livelli di produttività adeguati mediante il progressivo incremento della presenza nei siti in condizioni di sicurezza, la maggiore efficienza delle lavorazioni in remoto con ulteriori investimenti in mezzi ed infrastrutture digitali, la revisione dei calendari lavorativi per supportare il recupero dei ritardi maturati. In parallelo il Gruppo sta effettuando una profonda revisione della propria base costi e del livello di investimenti riducendo o ritardando tutte le iniziative e le spese non strettamente necessarie o strategiche, al fine di mitigare gli effetti del COVID19 sui risultati dell’anno. Allo stesso tempo sono state incrementate le linee di credito per garantire adeguata liquidità finanziaria al Gruppo.

Il FOCF del primo trimestre del 2020 risulta negativo per €mil. 1.595. L’EBITA pari a €mil. 41 presenta, rispetto al primo trimestre del 2019, un decremento di €mil. 122 dovuto ai citati effetti legati al COVID-19. L’EBIT pari a €mil. 30 presenta, rispetto ai primi tre mesi del 2019 (€mil. 156), una riduzione pari a €mil. 126 (-80,8%) dovuto principalmente al decremento dell’EBITA, oltre ad un lieve incremento degli oneri di ristrutturazione. Il Risultato Netto Ordinario, pari al Risultato Netto (negativo per €mil. 59) risente, oltre che del peggioramento dell’EBITA, del maggiore impatto degli oneri finanziari. Return on Sales (ROS): 2020 1.6% (2019 6.0%).

Operazioni finanziarie: a gennaio 2020 Leonardo ha sottoscritto un finanziamento con Cassa Depositi e Prestiti (CDP) per un ammontare di €mil.100, interamente utilizzato a febbraio, a supporto di investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione. Il prestito, della durata di 6 anni, è finalizzato a cofinanziare alcuni progetti d’investimento previsti nel Piano Industriale già finanziati al 50% dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI). Si segnala che in data 6 maggio 2020, successivamente alla data di chiusura del trimestre, Leonardo ha sottoscritto con un pool di banche internazionali linee di credito per un importo complessivo di €miliardi 2 con una durata fino a 24 mesi. Il peggioramento dell’indebitamento bancario è strettamente correlato all’assorbimento di disponibilità connesso al FOCF.  L’Indebitamento Netto di Gruppo, pari ad €mil. 4.396, si incrementa, rispetto al 31 dicembre 2019 (€mil. 2.847), principalmente per effetto del negativo andamento del FOCF.  La movimentazione dell’Indebitamento Netto di Gruppo è di seguito riportata: I Ricavi presentano, rispetto ai primi tre mesi del 2019, una leggera flessione (€mil. 134, pari al 4,9%) principalmente riconducibile ai rallentamenti registrati negli Elicotteri ed in particolare alle minori consegne attribuibili al citato effetto COVID-19.

Elicotteri: Il primo trimestre del 2020 è stato caratterizzato da un andamento commerciale positivo, con un volume di ordini superiore al primo trimestre del 2019, mentre i ricavi e la redditività hanno risentito dei primi effetti del COVID-19, e sono in flessione rispetto allo stesso periodo del 2019. Ordini. In crescita rispetto al primo trimestre del 2019 per effetto principalmente dell’acquisizione del contratto rientrante nel programma IMOS (Integrated Merlin Operational Support) relativo alla fornitura per il Ministero della Difesa del Regno Unito di servizi di supporto logistico e di manutenzione della flotta di elicotteri AW101 Merlin. Si segnala, inoltre, l’acquisizione nel periodo del primo ordine di 32 elicotteri TH-73A (AW119) per la US Navy. Ricavi. In flessione rispetto al primo trimestre del 2019 principalmente per effetto del COVID-19, che ha impedito ai clienti di ritirare alcuni elicotteri e conseguentemente ha ridotto livello di  Return on Sales (ROS): 2020 2.6% (2019 6.9%)

Aeronautica: nel trimestre sono state effettuate n. 36 consegne di sezioni di fusoliera e n. 23 stabilizzatori per il programma B787, e n. 9 consegne di fusoliere per il programma ATR. Per i programmi militari sono state consegnate alla società Lockheed Martin n. 9 ali per il programma F-35. Ordini. Superiori rispetto al primo trimestre 2019 per effetto della crescita registrata in entrambe le Divisioni. Tra le principali acquisizioni del primo trimestre 2020 si segnalano: per la Divisione Velivoli gli ordini ricevuti dalla Lockheed Martin per il programma F-35 e quelli per le attività di supporto logistico per i velivoli C-27J ed EFA dall’Aeronautica Militare; Ricavi. I volumi hanno risentito dei rallentamenti della produzione, seppur con Ricavi complessivamente in linea rispetto al primo trimestre del 2019. I maggiori volumi nella Divisione Velivoli associati al ramp-up della produzione sul programma EFA-Kuwait hanno compensato la flessione dei rate produttivi dei programmi B787 e ATR nella Divisione Aerostrutture.  EBITA In flessione per lo slittamento delle consegne previste nel periodo dal Consorzio GIE-ATR ed ha condizionato l’efficienza industriale delle Divisioni penalizzandone la redditività. 

martedì 19 maggio 2020

COVID-19 – da “raccomandazioni” a “Decreti Legge”: le violazioni costano care RSPP, HSE, MEDICO COMPETENTE, DATORE DI LAVORO, RISCHIANO LA GALERA

Dal telaio normativo costituito dai decreti legge, DPCM e Protocolli condivisi, che si sono succeduti nel tempo, è agevole osservare che le misure da adottare per contrastare e contenere la diffusione del virus Covid-19, da mere “raccomandazioni” sono divenute vere e proprie norme precettive, la cui inosservanza può avere rilievi di natura penale. La legge attribuisce al datore di lavoro il ruolo di garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro, la mancata adozione di strumenti e di misure idonee a garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro integra le fattispecie di reato contenute nel Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, adottato con il D.Lgs. n. 81/2008. È, pertanto, penalmente sanzionata la condotta del datore di lavoro che ometta di adottare le misure sanitarie, perché egli è tenuto, in forza delle comuni regole di prudenza, diligenza e
perizia, che presiedono la materia della sicurezza sul lavoro, a predisporre le migliori - anche “atipiche” - misure tecnicamente possibili, di tipo igienico, sanitario e antinfortunistico.

La mancata adozione delle misure sanitarie all’interno dell’impresa determina profili di responsabilità penale anche in riferimento alla posizione di tutti i soggetti che vengano in contatto con le persone e l’ambiente in cui è svolta l’attività (clienti e fornitori). Ciò in base al principio secondo cui le norme antinfortunistiche sono dettate non soltanto per la tutela dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche a tutela dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di. Non vi è dubbio che, nel caso in cui risultasse provato che il lavoratore o il terzo abbia contratto il virus nell’ambiente di lavoro e fosse riscontrata la mancata adozione da parte del titolare dello Studio delle misure imposte dalla normativa, questi risponderà del reato di lesioni personali (gravi o gravissime e, comunque aggravate dall’averle commesse con la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, a norma dell’articolo 590 del codice penale) o, nel caso di decesso, di omicidio per colpa grave (articolo 589 del codice penale).

L’obbligo di adottare le misure stabilite dalla normativa sopra delineata scaturisce altresì dalla disposizione racchiusa nel precetto di cui all’articolo 18, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008, il quale, tra i vari obblighi posti a carico del datore di lavoro, prevede anche quelli di: - fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale; - informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; - astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato. La trasgressione è punita con la pena alternativa dell’arresto da due a quattro mesi o dell’ammenda da 1.664,00 a 6.576,00 euro.
Un’altra norma del D.Lgs. 81/08, punibile sotto il profilo penale “la mancata attuazione dei protocolli che non assicuri adeguati livelli di protezione” (anche se non si è verificato alcun infortunio “da infezione”), è quella contenuta nell’articolo 282, la quale sanziona con l’arresto da 3 a 6 mesi o con l’ammenda da 2.740,00 a 7.014,00 euro, la violazione dell’obbligo stabilito nel precetto, ex articolo 271 dello stesso D.Lgs, secondo cui, nella valutazione del rischio di cui all’art.17, comma 1, il datore di lavoro ha l’obbligo di tenere conto di tutte le informazioni disponibili relative alle “caratteristiche degli agenti biologici”, che presentano un pericolo per la salute del lavoratore, e di adottare, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive.

La mancata adozione delle misure sanitarie previste dai Protocolli condivisi integra una fattispecie di reato a prescindere dal fatto che, a causa di ciò, il lavoratore abbia o meno riportato lesioni, rappresentate, nel caso di specie, dalla “infezione da nuovo coronavirus” che, come sopra illustrato, rientra tra le “malattie infettive e parassitarie” ricomprese nella categoria degli “infortuni sul lavoro”.
È, infine, da menzionare la norma del codice civile, contenuta nell’articolo 2087, secondo la quale “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Non c’è dubbio che anche questa, infatti, rappresenti uno dei pilastri su cui si regge l’impalcatura della responsabilità penale del datore di lavoro che, pur in assenza di un fatto lesivo, non abbia attuato i protocolli di protezione.

15 maggio 2020

mercoledì 13 maggio 2020

Appello per il ritiro della proposta di regionalismo differenziato con particolare riferimento alla sanità E il potenziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale

Il “Forum per il Diritto alla Salute”, nato nel 2017 e composto da cittadini e soggetti della società civile, politica e sindacale con lo scopo di rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale nel suo carattere essenziale di servizio pubblico, sancito dalla 833/’78 in attuazione dell’art.32 della Costituzione;

ESPRIME 

Solidarietà e vicinanza a quanti in queste ore e giorni sono affetti da Covid-19;
Gratitudine a quanti, professionisti della Salute delle varie discipline e professionalità, di dedicano con passione competenza ed abnegazione alla loro cura in condizioni non raramente inadeguate ed a quanti sono impegnati negli apparati pubblici e nel volontariato allo stesso fine ed a rendere possibili le misure di distanziamento sociale individuale in essere;
Preoccupazione e solidarietà per quanti nel mondo del lavoro dipendente, precario delle varie tipologie e delle “partite IVA” in queste ore e giorni sono stati e sono esposti al rischio di infezione da SARS-CoV-2 per sovraffollate ed in genere inadeguate condizioni di lavoro e/o vedono a rischio i loro redditi;
Denuncia delle condizioni di sovraffollamento del sistema carcerario italiano e regionale già inumano in se ma oggi inconciliabile con le esigenze di distanziamento sociale necessario a prevenire il rischio si infezione da coronavirus e di oggettiva condanna.

CONSTATA E SEGNALA 

Che la epidemia in corso di Covid-19 ha portato alla luce in maniera inconfutabile sia l’inutilità ed i rischi connessi alla richiesta di ulteriori forme di autonomia regionale in sanità, sia le insufficienze strutturali nelle quali è venuto a trovarsi il servizio Sanitario Nazionale pubblico a causa delle politiche di austerity adottate negli ultimi due decenni in forma di tagli al Fondo Sanitario Nazionale e privatizzazione del finanziamento e dell’erogazione delle prestazioni assistenziali ed anche della ricerca e della didattica e formazione biomedicale, universitaria e non;

CHIEDE

➢ Ritiro della proposta di regionalismo differenziato con particolare riferimento alla Sanità;
➢ Ritornare alla dizione “Rapporti Stato Regioni” e abbandonare la dizione “Autonomia Regionale”;
➢ Rinunciare alla istituzione di fondi assicurativi integrativi, ed agli appalti e l’esternalizzazione dei servizi sanitari, non sanitari di supporto e socio-sanitari;
➢ Chiedere al Governo ed alla maggioranza parlamentare che lo sostiene di:
 Respingere le richieste di regionalismo differenziato e di togliere tale tema dalla loro agenda politica
 Aprire un processo nuovo, non secessionista, che consenta di potenziare un servizio sanitario nazionale pubblico universalistico, equo e solidale, come previsto dalla 833/78, in tutte le regioni, tramite un regionalismo basato sul principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, e attuato tramite Patti per la Salute, senza alcuna modifica della Costituzione vigente né formale né di fatto.
 Definire un piano di potenziamento strutturale del Servizio Sanitario Nazionale Pubblico incrementando il Fondo Sanitario Nazionale di almeno 40 miliardi nei prossimi 4 anni e di assegnare i finanziamenti alle Regioni e in base alla rilevazione dei reali bisogni dei cittadini e non su stime derivanti da spese storicamente effettuate, come da anni si sta operando, eludendo le esigenze della popolazione.
 Abbandonare ed invertire il processo di privatizzazione in atto, a cominciare dalla eliminazione del “welfare fiscale”, cioè delle agevolazioni fiscali per la spesa sanitaria intermediata dalle assicurazioni e, in forma modulata nel tempo e per fasce di reddito, di quella privata diretta;
 Eliminare il numero chiuso a Medicina e Chirurgia ed a tutti i corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie e di interesse Sanitario;
 Finanziare con 20 miliardi la ricerca e la attività di docenza in forma congiunta Università e SSN;  Realizzare una Industria pubblica del Farmaco per liberarsi delle speculazioni e dei ricatti del settore privato in mano alla speculazione finanziaria;
 Adottare il “modello Patto per la Salute” per tutte le materie a legislazione concorrente previste dall’art. 117 della Costituzione!
 Non regionalizzare la funzione legislativa per le materie di competenza esclusiva del Parlamento;

Forum per il Diritto alla Salute

lunedì 11 maggio 2020

L’IMPORTANTE E’ LA SALUTE: LA MEDICINA DEL TERRITORIO, PRIMA, DURANTE E DOPO IL COVID19

La situazione di emergenza in Lombardia sulla Medicina territoriale è ormai conosciuta, grazie a numerose testimonianze rese pubbliche nelle ultime settimane da interviste a Medici di Medicina Generale ( MMG ) che raccontano l’epidemia da covid 19 gestita sul territorio. La pandemia COVID C19 ha reso ancora più evidenti le criticità presenti nella gestione della sanità in Lombardia che da devenni non investe risorse nei presidi medici territoriali – MMG, consultori, ambulatori – che dovrebbero essere invece la prima linea di difesa della salute “bene comune”.

Anche noi del Comitato Diritto Salute del varesotto siamo a conoscenza della drammaticità del problema grazie a testimonianze come questa che vi invitiamo a leggere di un MMG che lavora dalle nostre parti. “In questi giorni, dopo il fallimento del “modello Lombardia” contro l’epidemia da coronavirus, si sta disquisendo su una riforma della Medicina del Territorio, tanto bistrattata in questi ultimi vent’anni da essersi ridotta l’ombra di se stessa, succube di una burocrazia opprimente a fronte di tagli all’attività pratica. In sostanza, il medico di Medicina Generale è stato trasformato sempre più in un compilatore di carte e un inviatore di comunicazioni mail, mentre gli specialisti dell’ospedale e delle cliniche private sono quelli che visitano e fanno diagnosi. Ma anche il medico di base, oltre a tutto il carico burocratico, visita e avvicina il paziente. In questo periodo di forte crisi abbiamo elogiato giustamente gli eroi della corsia, gli angeli che non hanno più il camice bianco, bensì blu, o verde, i copricapo, le maschere, le visiere, le soprascarpe. E che si aiutano l’uno con l’altro ad allacciarsi i complicati vestimenti protettivi.

I medici di Medicina Generale non hanno avuto nulla di tutto questo. La prima mail del 25 febbraio chiedeva ai MMG di provvedere autonomamente all’approvvigionamento dei DPI in attesa di una fornitura da ATS che sarebbe giunta il prima possibile. Era un periodo in cui non si trovava nulla, disinfettanti, guanti e mascherine erano spariti dal commercio, ci si arrangiava con le poche scorte che avevamo avanzato dal periodo influenzale. Ma, contingentati gli accessi per appuntamento, siamo rimasti a lavorare, con i pazienti asintomatici, che comunque potevano essere in incubazione, perché non esiste solo il Covid19, sebbene si parli praticamente solo di quello, ma pensate, continuano a dar fastidio anche il diabete, l’ipertensione, i tumori, la fibrillazione e lo scompenso cardiaco...e poi l’ansia, la depressione, il disagio sociale. I MMG sono stati lasciati soli. Vorrei che capiste la frustrazione e la rabbia che ci ha procurato non poter visitare i nostri pazienti con febbre e sintomi respiratori perché le tute che avevamo ordinato su internet non erano ancora arrivate, perché l’unico camice monouso fornitoci era impossibile da allacciare da soli e, senza mascherine e visiere, capivamo di essere come i fanti della prima guerra mondiale in trincea. Le uniche mascherine FFP2 me le ha procurate una mio cugino, una un’amica. Stop. Le Regione Lombardia e l’ATS , comunicavano in una mail del 4 marzo, “l’assoluta efficacia anche delle sole mascherine chirurgiche durante le consuete attività ambulatoriali, riservando le FFP2/3 alle sole manovre che producono aerosol”.

I pazienti avevano bisogno. Non abbiamo potuto aiutarli se non mettendo a rischio le nostre vite. Passavamo molto tempo al telefono, cercando di capire se stessero migliorando, perché le flow chart, che ATS ci mandava in continuazione, ripeteva che per un paziente era ammesso chiamare il 112 solo se le condizioni peggiorano. Si è volontariamente privato i pazienti della visita medica perché non ci hanno permesso di visitare se non con grave rischio e neppure i nostri pazienti potevano recarsi in PS se non in gravi condizioni. Se invece avessimo avuto la fiducia di ATS e della Regione come ce l’hanno i nostri pazienti, saremmo riusciti a non mandarne molti in ospedale ed avremmo contribuito a salvare molte vite ed a contenere l’espansione del virus. E’ arrivata, al 30 di marzo, cinque settimane dopo l’inizio dell’emergenza, la possibilità per noi di richiedere esami ematici e la Tac torace per i sospetti malati Covid che avessero sintomi da almeno cinque giorni. Poi è stata la volta della Rx. Goccia a goccia avevamo il permesso di tornare a fare prescrizioni ai nostri pazienti, indispensabili per poter fare diagnosi e stilare una prognosi, che poi sarebbe il nostro mestiere, pur privato della clinica. Sono passate ormai quasi dieci settimane dal 24 febbraio e le prime mascherine Fp2 sono arrivate da pochissimi giorni ai medici di base. Insieme alle inutili mascherine chirurgiche ed alle ancora più inservibili mascherine Fippi, subito soprannominate “pannolini da viso”.

Ancora niente camici, solo tre flaconi di disinfettante per le mani, ma firmato Bulgari. Personalmente sto diventando complottista: comincio a ravvisare una volontà di umiliarci, di farci sentire inutili, di eliminare la medicina del territorio. Penso a quando hanno chiesto, anche ai medici di Busto, di recarsi a Castellanza per ritirare i DPI, specificando sulle mail come fosse impossibile distribuirli in una sede distrettuale (a Busto sono in piazza Plebiscito o in viale Stelvio, per intenderci) perché quella non è una sede ATS, ma ASST. Fa arrabbiare perché proprio in piazza Plebiscito a Busto c’è, guarda caso, un presidio ATS che è proprio la Medicina del Lavoro. E questa umiliazione esiste già da tempo, da quando, separati i due mondi ASST e ATS, i medici curanti di tutta la ATS Insubria devono, per esempio, recarsi con la propria auto a Varese, previo appuntamento, in via Ottorino Rossi a ritirare 10 ricettari ministeriali alla volta. Oppure si vedono vietare, in modo assolutamente arbitrario, che alcuni gruppi di colleghi in rete possano avere più di un certo numero di componenti, mentre il massimo per legge è il doppio. Una delle soluzioni proposte ultimamente sarebbe quella di trasformare i medici del territorio in dipendenti del Sistema sanitario regionale. Qualcuno ha contestato che il costo sarebbe eccessivo perché ai dipendenti andrebbero concessi spazi adeguati, attrezzature, personale ausiliario e amministrativo, ferie, malattia... Ma è veramente lì il problema? Nella forma? O non basterebbe modificare la sostanza del nostro rapporto con ATS? Potremmo cominciare con l’evitare di comunicare sempre e solo con impersonali mail e iniziare a conoscerci de visu . E poi continuare con l’ascoltare le proposte e le richieste dei medici di Medicina Generale, senza ignorarle, come spesso accade.

La medicina del territorio è un costo inutile o una risorsa? Proviamo a pensare che non esista più: io credo che sarebbe il caos. Perché non è vero che “dal medico di base non ci va più nessuno”, anzi, semmai in Regione Lombardia è il contrario. In una sanità sempre più “di eccellenza”, sempre più specializzata, sempre più privatizzata, dove un appuntamento con uno specialista in regime mutualistico si fa attendere mesi e mesi, il medico di famiglia è l’ultimo baluardo della sanità gratuita, che è disponibile dal lunedì al venerdì, al massimo si aspetta qualche giorno. Anche se è un argomento che non fa piacere ai nostri Amministratori regionali, non tutti hanno le possibilità economiche di bypassare il medico di Medicina Generale. Ed altrettanti non ne hanno alcuna intenzione perché del loro medico si fidano e vengono a mostrare i referti degli specialisti a coloro che li interpretano, li spiegano con parole semplici, li possono seguire nel tempo. Eh sì, perché, a parte rare eccezioni, se vai dallo specialista con la mutua non ti segue sempre la stessa persona, ma trovi il collega di turno quel giorno. Per avere sempre lo stesso medico ci devi andare privatamente. Quando eravamo piccoli, invece, negli ambulatori dell’Ospedale di Busto, la schiena me la controllava sempre il dr Maffezzoni e la vista sempre la drssa Asnaghi, che alla fine un po’ mi conoscevano. Esisteva anche la Medicina Scolastica, baluardo della prevenzione di scoliosi, scabbia, pidocchi, ma anche problemi comportamentali e sociali di vario tipo. Si è scardinato tutto questo, scaricando tutta questa fetta di sorveglianza sulle famiglie e sui medici di famiglia, che però i ragazzi non li vedono se non stanno male, terminato il periodo dei controlli di crescita che fanno i pediatri. Ultimamente in Regione hanno provato a dare l’ultima spallata all’attività clinica dei medici del territorio, promuovendo le attività dei “Gestori”, dei modelli che sono stati sponsorizzati come “garanti di un migliore accesso alle cure e una assistenza sanitaria continuativa”, dando ad intendere che il tuo medico è una realtà ormai superata ed inefficiente. I miei pazienti hanno strappato in toto questi volantini arrivati per posta capillarmente- chissà quanti soldi hanno investito per nulla. Quale può essere un’alternativa di medicina del Territorio che rappresenti un vero presidio per evitare che il paziente diventi un paziente da Pronto Soccorso? Innanzitutto occorre un Patto di Collaborazione tra medici ed ATS, che comprenda rispetto reciproco, chiarezza degli intenti e delle responsabilità, adeguata retribuzione. Per le persone che non possono muoversi da casa perché allettate è necessario che al cittadino sia fornita la possibilità di avere una visita specialistica al domicilio, in supporto alla decisione terapeutica del medico di famiglia. Sarebbe anche molto utile alleggerire la procedura per l’attivazione dei servizi infermieristici sul territorio, magari permettendo agli studi medici di dotarsi di personale infermieristico di fiducia che vada a monitorare i pazienti più instabili instaurando un rapporto di fiducia con le famiglie ed il medico stesso, aiuti con vaccinazioni, iniezioni, misurazione dei parametri. E’ importante che il medico non sia solo, che se sta male possa essere sostituito da colleghi di ambulatori vicini in rete con lui, senza cercare all’ultimo minuto un sostituto che spesso non si trova. Quante volte siamo andati al lavoro con la febbre o le coliche per questo motivo?

E’ altresì indispensabile che i medici del territorio siano motivati in questo progetto lavorativo: l’attività di medico di Medicina Generale non deve rappresentare un “di più” rispetto ad una attività privata, per altro legittima. Rimbocchiamoci le maniche tutti insieme, questa emergenza può essere l’inizio di un’evoluzione positiva della medicina del Territorio. Perché l’importante è la Salute. La salute di tutti, la Salute Pubblica. Diamole forma, ma non fermiamoci alla forma”.

articoli:
varese7press.it
varesenews.it

venerdì 8 maggio 2020

LEONARDO vs COVID-19 – Elicotteri in missione x la protezione civile, ma non va tutto bene ARROGANZA E ARRIVISMO SONO CATTIVI CONSIGLIERI Irricevibile DVR (valutazione del rischio): così non si tutelano i piloti

L’RSPP ha predisposto un DVR senza consultarsi con gli RLS che solo dopo qualche giorno hanno potuto
analizzare il documento e dare il loro contributo, come peraltro prevede la legge, ma.....

Estratto dal DVR:
2.5. VALUTAZIONE DEL RISCHIO PER ATTIVITA’ DI TRASPORTO MATERIALE E/O PERSONALE MEDICO
Le attività di trasporto materiale e/o personale medico rientrano tra le attività che non espongono
l’equipaggio ad un rischio maggiore rispetto alle normali attività. Di conseguenza non verrà calcolato il
rischio mediante la matrice sopra riportata.

La richiesta degli RLS:
Buongiorno dott..........,
facendo riferimento alla valutazione del rischio per le attività di volo riferite alla richiesta della protezione
civile di fornire degli elicotteri per il trasporto di materiale sanitario, medici, e pazienti: nel caso specifico il
documento si è reso necessario per il rischio contagio del virus covid 19, diversamente si applicherebbero le
valutazioni del rischio già in essere per il sito di cascina costa, secondo noi la valutazione dovrebbe essere
divisa in quattro capitoli:
1 attività di volo (anche senza trasportare nessuno oltre i piloti): i piloti devono volare per alcune ore uno
affianco all’altro in uno spazio ridotto, il rischio per l’eventuale contagio tra i piloti deve essere valutato e
ridotto attraverso l’uso dei dispostivi di protezione e la sanificazione dell’ambiente.
2 l’attività di volo con materiale sanitario: tale materiale può arrivare da ospedali o comunque da zone
altamente contaminate, pertanto anche in questo caso ritengo necessario fare la valutazione del rischio e
ridurre tale rischio, evitando di toccare il materiale oppure usando guanti che vanno poi buttati ecc..
3 trasporto medici: non conoscendo la provenienza dei medici si presuppone che abbiano comunque
frequentato gli ospedali o zone comunque con alto rischio contagio, va fatta la valutazione del rischio e
ridotto il rischio al minimo con i metodi già detti.
4 trasporto malati: questo caso è già fonte di valutazione ma è necessario verificare se la barriera divisoria
tra la cabina piloti e l Cabina Passeggeri sia idonea a fermare il virus.
Nel DVR vi è solo il punto 4, ritenendo gli altri 3 punti non meritevoli di valutazione del rischio, e questo
sarebbe da modificare dato che il documento è fatto proprio per evitare il contagio, tenendo presente che
anche l’INAIL ha dato indicazione di aggiornare i DVR introducendo il rischio Virus.
Ci Consenta cortesemente di valutare la nuova bozza quanto prima.
RLS Leonardo Elicotteri sito C. Costa

Alla richiesta riportata sopra, l’RSPP ha risposto che non intende mofificare il DVR perchè esiste già la
procedura generale di prevenzione al contagio e non serve riportarla nel DVR. Come già detto in passato,
se un’azienda come Leonardo non è in grado di tutelare nemmeno i propri piloti, come pensano di essere
tutelati tutti i lavoratori?

Mentre, per la parte che riguarda l’indicazione dell’INAIL, è stata messa in riferimento perché, nella
riunione del comitato per la verifica dell’applicazione del protocollo, gli RLS avevano proprio chiesto se non
fosse il caso di introdurre nel DVR di sito, anche il rischio contagio COVID-19? l’RSPP aveva prontamente
risposto di no, perché non è un rischio che deriva dal lavoro. Qualche giorno dopo è uscito il documento
dell’INAIL che smentisce quanto asserito dall’RSPP, e consiglia di aggiornare la valutazione del rischio.

Come dicevamo: in che mani siamo????

30 aprile

martedì 5 maggio 2020

SERVE UN COMMERCIO SANO PER L’ECONOMIA, LE PERSONE, IL PIANETA Legami fra TTIP, salute e precauzione ai tempi del Coronavirus

Oltre 150 organizzazioni della società civile in Europa e negli Stati Uniti hanno chiesto in un appello comune ai propri politici “di interrompere i negoziati commerciali che metteranno ulteriormente a repentaglio le norme dell’UE in materia di salute e ambiente e aggraveranno la crisi climatica. È necessario un cambio di rotta”. Spetta al Governo, ai partiti, alle parti sociali e alla società civile far imparare a Bruxelles “la lezione italiana”, o come nelle più prevedibili parabole della shock economy si risponderà al problema - la fragilità sociale, ambientale e economica globale legate alla globalizzazione - con una tra le sue peggiori cause: l’ennesima, incontrollata, liberalizzazione.

Di seguito il testo dell’appello.

“Abbiamo seguito i recenti colloqui tra la Commissione europea e le autorità statunitensi su un nuovo accordo commerciale (un nuovo TTIP) con incredulità e delusione. È chiaro che la Commissione è pronta a soddisfare le richieste di Trump di ridurre i livelli di sicurezza alimentare dell’UE, a scapito della salute pubblica, del benessere degli animali e dell’ambiente, e di compromettere anche gli impegni dell’UE in materia di cambiamenti climatici. La paura delle minacce lanciate dal presidente degli Stati Uniti di imporre tariffe elevate alle auto europee non può essere una scusa per una ritirata dall’interesse pubblico. L’apparente cambiamento di paradigma all’interno della Commissione, che emerge dopo mesi di trattative a porte chiuse e in gran parte al riparo dal controllo pubblico, è estremamente allarmante. Chiediamo ai governi e ai parlamentari dell’UE di spingere la Commissione a modificare questo approccio. Deve essere chiarito all’amministrazione americana che i nostri livelli di salute pubblica e protezione ambientale non sono in vendita. La pressione esercitata dai negoziatori statunitensi sull’Unione europea per abbattere i nostri standard non è una novità. Recenti dichiarazioni rilasciate dal ministro dell’Agricoltura statunitense Perdue hanno chiarito che qualsiasi accordo dipenderà dalle concessioni dell’UE rispetto alla carne sterilizzata con
acido o cloro o trattata con ormoni, ai residui di pesticidi negli alimenti e nei mangimi o per lo mantellamento delle norme di cautela rispetto agli OGM.
La novità è la risposta dell’UE. Quando in precedenza era stato negoziato con gli Stati Uniti un accordo di libero scambio globale (TTIP), la Commissione sosteneva che non avrebbe abbassato gli standard. Ma le recenti dichiarazioni del commissario commerciale Phil Hogan sugli attuali colloqui mostrano un approccio diverso. Ha parlato di “un lungo elenco di barriere normative in agricoltura” che potrebbero essere “risolte” in un accordo. Queste “barriere normative” esistono per delle buone ragioni: abbiamo regole sui pesticidi e gli ormoni chimici nelle carni per proteggere la nostra salute e l’ambiente.
Abbiamo restrizioni sugli OGM per proteggere la biodiversità e i consumatori. Abbiamo restrizioni sulle carni trattate con cloro o acido per proteggere il benessere degli animali e la sicurezza alimentare. L’impegno dei cittadini dell’UE nei confronti di un approccio precauzionale è stato fortemente confermato durante il dibattito pubblico sul TTIP, un accordo commerciale che non sarebbe sopravvissuto a un voto democratico all’interno dell’UE se avesse incluso concessioni sulla scala ora richiesta dagli Stati Uniti.

Riteniamo che la Commissione stia mettendo a rischio gli obiettivi (dichiarati) del “Green Deal europeo”. Questa strategia elenca, almeno sulla carta, diversi elementi ora nel mirino degli Stati Uniti. Ad esempio, secondo la strategia l’UE deve lavorare “per ridurre in modo significativo l’uso e il rischio dei pesticidi chimici”. I ripetuti richiami del Panel intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) e della Piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES) a sostegno di un’agricoltura sostenibile aggiungono ulteriore forza a questo impegno.
Tuttavia, la Commissione non ha respinto le richieste degli Stati Uniti di abbassare le ambizioni in questo settore, e quindi rischia di aggiungere potenza al tipo di agricoltura più inquinante. Inoltre, dato che l’approccio conciliante della Commissione è un tentativo di proteggere le esportazioni dall’UE di auto
notoriamente dannose per il clima, la promessa del Green Deal europeo di attuare un approccio più ecologico all’agricoltura e al commercio sembra ora essere compromessa dalla stessa Commissione. Inoltre, la Commissione non ha nemmeno il mandato per condurre negoziati su tali questioni. Il mandato adottato nell’aprile 2019 non lascia spazio ai negoziati su alimenti e altri standard di sicurezza..

Il commissario commerciale Hogan ha affermato che “sta cercando di esaminare i modi in cui attraverso la cooperazione normativa potremmo essere in grado di considerare le barriere non tariffarie come un modo per mettere in discussione le questioni agricole”. Ciò suggerisce che il commissario per il commercio Hogan vuole stabilire un dialogo segreto a lungo termine dietro le quinte per trovare il modo di soddisfare le richieste degli Stati Uniti, per le quali ha il sostegno di alcuni Stati membri.

Non dobbiamo permettere che ciò accada. Ciò minerebbe le leggi e le procedure dell’UE concordate decenni fa, non rientra nell’attuale mandato e non dovrebbe rientrare in un nuovo mandato. Alla luce di quanto affermato e motivato, chiediamo ai governi europei in seno al Consiglio dell’UE e ai parlamentari nazionali e europei di garantire che le nostre preoccupazioni in materia di protezione dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente, trasparenza e coinvolgimento della società civile siano considerate e accolte. I nostri eletti devono chiedere una revisione degli attuali colloqui commerciali con gli Stati Uniti. L’UE deve chiarire inequivocabilmente all’amministrazione degli Stati Uniti che i nostri livelli di salute pubblica e protezione ambientale non sono in vendita, che non soccomberemo alle minacce degli USA e che la politica commerciale deve mettere al primo posto le persone, l’ambiente e il clima”.

Alla luce di questo quadro politico ed economico, come Stop TTIP Italia chiediamo che:
 l’Italia ottenga una moratoria di tutti i trattati commerciali in corso da parte UE fino che non si sia fatta una approfondita valutazione dei loro impatti sulla nostra salute, sull’ambiente, sui diritti dei lavoratori e sul mercato interno;
 che il TTIP venga respinto al mittente, cioè a Donald Trump: negazionista dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici che non sta facendo la sua parte per arginare la diffusione del Coronavirus mentre l’Italia paga in contanti e a caro prezzo la sua scelta interventista e rischia di trovarsi a competere in condizioni di svantaggio con le merci statunitensi sia in Italia, sia nel mercato Europeo, come anche in quello Usa;
 che la lezione del Coronavirus venga assorbita fino in fondo, e per questo, come indicano autorevoli agenzie delle Nazioni Unite, si traduca in più investimenti in sanità, redditi, coesione sociale e tutela dell’ambiente, e non nell’ennesima occasione di speculazione e svendita del Principio di precauzione e degli standard UE, come nei peggiori paradigmi di shock economy.

4 maggio 2020