Dalla
resistenza eroica di Gaza rinasca una nuova Intifada per liberare tutta
la Palestina e avviare il riscatto degli oppressi nel Medio Oriente e
nel mondo!
Le
masse di Gaza sono da giorni sotto l'attacco dell'esercito sionista,
un'aggressione vile e criminale che assume ogni ora che passa i contorni
di un massacro deliberato e sistematico.
A
cadere sotto le bombe dell'aviazione, della marina e dell'esercito di
Tel Aviv sono in gran numero semplici proletari, contadini, donne e
bambini di un popolo rinchiuso in una prigione a cielo aperto
dall'azione congiunta di Israele, degli USA, delle “grandi potenze”
occidentali (con la miserabile Italia a fare anch'essa la sua parte) e, last but not least, degli
stessi governi arabi, in primis l'Egitto che, chiudendo il valico di
Rafah, assicura da sempre il successo dello strangolamento economico,
fisico e militare dei Palestinesi della Striscia.
Ma
al di la delle lacrime di coccodrillo che televisioni e giornali
versano per la dimensione di uno sterminio che non si può nascondere, la
realtà è che tutti gli schieramenti politici e i mezzi di informazione
sono attivamente impegnati in una campagna di mistificazione che fa
perno sulladifesa di Israele, della sua politica, dei suoi interessi. Una
campagna incentrata sulla tesi che l'azione di Tel Aviv sarebbe tutt'al
più sproporzionata nell'utilizzo della forza, ma giustificata nei suoi
obiettivi di fondo e che la soluzione del problema starebbe in una
rinuncia a qualunque opposizione da parte palestinese, nella speranza –
per altro dimostratasi vana in tutti questi anni – che Israele si decida
a “concedere”, a Gaza e in Cisgiordania, un simulacro di Stato, un vero
e proprio “bantustan” dove rinchiudere i Palestinesi in un reticolo di
brandelli di territori separati dagli insediamenti dei coloni sionisti,
attraversati da strade che i Palestinesi non possono percorrere, sotto
la minaccia costante delle forze armate israeliane e, “per delega” di
quelle “nazionali”, privi di accessi alle risorse idriche, saccheggiate
da tempo dai sionisti e così via. E' la prospettiva dei “due popoli, due
Stati” - base degli accordi di Oslo - caldeggiata dall'imperialismo
internazionale e che, pur rappresentando la liquidazione di ogni
speranza di liberazione della Palestina, non si è finora realizzata per
l'oltranzismo reazionario di Israele.
Mentre
i mass-media fanno a gara nel dipingere l'aggressione sionista come la
reazione ai lanci di razzi da pare di Hamas, ci si “dimentica” di
ricordare che la fondazione di Israele gronda sangue da tutte le parti. Sul
banco degli accusati non sta solo l'occupazione della West Bank e, fino
a poco tempo fa, della Striscia a seguito della “guerra dei sei giorni”
del '67, ma la stessa costituzione nel '48 dello Stato sionista sul territorio storico della Palestina,
una fondazione resa possibile dal massacro della popolazione araba,
dalla distruzione di interi villaggi, dalla “pulizia etnica” contro i
loro abitanti, dalla confisca delle terre, con la creazione di una massa
enorme di rifugiati e la loro diaspora nei campi profughi dei paesi
circostanti. La “guerra di indipendenza” cara alla mitologia sionista è
stata in realtà un'azione di spietato colonialismo,realizzato
in combutta con le potenze imperialiste, dei cui interessi – quelli USA
in testa – Tel Aviv continua a rappresentare un indispensabile cane da
guardia.
Mettere
sullo stesso piano i razzi di Hamas e l'ecatombe perpetrata da Israele,
oltre ad essere risibile sul piano dei numeri, è disgustosa perché
mette sullo stesso piano vittime e carnefici, oppressori e oppressi,
significa equiparare chi pratica il razzismo sistematico, come Israele, e
chi di questo razzismo è vittima, chi ha costruito il vergognoso muro
dell'apartheid e chi ne subisce tutti i giorni la violenza, chi
organizza la vessazione quotidiana, ad es. con gli infiniti controlli
ai check-point, e chi è costretto a sottoporvisi per vendere la propria
forza-lavoro sul mercato israeliano, chi demolisce per rappresaglia le
case dei Palestinesi e ne devasta le terre coltivate e chi da tali atti è
privato della sua stessa possibilità di sopravvivenza, chi insedia ogni
giorno nuove colonie e chi da queste è allontanato per sempre dalla
propria terra.
Ma
la lotta eroica di Gaza dimostra che il popolo palestinese non intende
piegarsi all'aggressore sionista, che è disposto, nonostante le immani
sofferenze a cui è sottoposto, a lottare e a rilanciare con ogni mezzo
la prospettiva della propria liberazione. Per questa lotta i Palestinesi
non hanno amici fra gli Stati, sia quelli imperialisti che appoggiano
apertamente Israele, sia quelli arabi che, a diverso livello, ne sono
complici. Gli unici alleati della lotta palestinese possono essere solo
gli sfruttati di tutti i paesi, la loro mobilitazione in sostegno della
resistenza di Gaza e contro i propri governi, il rilancio di una
prospettiva di liberazione della Palestina che sia ottenuta nell'unico
modo in cui è possibile farlo: con una rivoluzione d'area che investa i
regimi e divisioni statali in tutto il Medio Oriente, rimettendo in
discussione l'attuale ordine imperialista imposto con la violenza, la
guerra, il razzismo.
Viva la resistenza dei Palestinesi a Gaza!
Si estenda la loro mobilitazione negli altri territori palestinesi contro l'aggressione sionista!
Sviluppiamo la denuncia e la mobilitazione più ampia contro l'aggressione israeliana!
Tutti
i militanti del S.I. COBAS appoggino e partecipino alle iniziative
contro l'aggressione israeliana sotto la tutela in primis degli Usa e
degli imperialismi europei.
Lottiamo
a fondo contro la politica del “nostro” governo che, insieme a quelli
europei, è corresponsabile dei massacri e dell'oppressione delle masse
palestinesi!