- il 17 maggio 2013 è nata ADL Varese - Democrazia, Trasparenza, Autonomia e Coerenza non devono essere solo delle parole vuote - ADL Varese non vuole essere ne più grande ne più bella ne più forte, ma semplicemente coerente -

- nel 1992 nascono FLMUniti Varese e CUB Varese, contemporaneamente nascono FLMUniti Nazionale e CUB Confederazione Nazionale -

- nel 2010 tutte le strutture di categoria della CUB Varese insieme a SDL Varese e RDB Varese si fondono e danno vita a USB Varese -

- nel 2013 USB Varese delibera a congresso l'uscita da USB e la nascita di ADL Varese mantenendo unite le precedenti strutture ex SDL Varese ex RDB Varese ex CUB Varese - -

martedì 29 dicembre 2015

I regali di fine anno del Governo Renzi

L'egemonia culturale dei padroni impoverisce la contrattazione nel pubblico impiego
L' egemonia culturale dei padroni sta coinvolgendo anche il pubblico impiego,  a colpi di pareri Aran, circolari della Funzione Pubblica e articoli su riviste specializzate, si ricorre ad una continua emergenza che si traduce nella negazione di diritti e nel drastico ridimensionamento della contrattazione collettiva.
Ricordiamoci tuttavia il punto di partenza di questa strategia ossia la continua emanazione di decreti legislativi che hanno annullato gran parte del potere di contrattazione nel pubblico impiego.

Gli strateghi confindustriali non vogliono correre il rischio, che partendo da conflitti locali si riaffermino istanze di riappropriazione salariale e iniziative atte a conquistare tutele individuali e collettive, per questo scaricano sul “lavoro pubblico”, con tutti i loro mezzi comunicativi, campagne disinformative volte a depotenziare qualsiasi rivendicazione di largo respiro.
Ne è l’ esempio quanto apparso recentemente su IL Sole 24 Ore, che con l’ accattivante titolo “Rischio di blocco per i “premi” al personale” a firma di A. Bianco e riferito al comparto Regioni AA.LL., si presta ad alimentare un clima di paura e di incertezza, anche se le problematiche che esistono sono solo di tipo "tecnico burocratico" legate al nuovo sistema di armonizzazione di bilanci degli Enti Locali che si applicherà nel 2016.

Fra l' altro di tutto questo , Aran, Funzione Pubblica e  Enti locali non hanno fornito informazione a sindacati e Rsu.

Di cosa stiamo parlando intanto?

Il D.Lgs. n. 126\2014 introduce nuove regole per gli equilibri di bilancio (ricordate il pareggio di Bilancio in Costituzione ?). Il legislatore si muove sulla linea tracciata dal fiscal compact, quindi è naturale, per i loro fini legati alla riduzione dei diritti sociali, che vogliano un controllo più severo sui bilanci, su crediti e debiti esigibili.

Sotto il profilo strettamente tecnico il pericolo paventato non sussiste, come anche la lettura attenta dell’ articolo lo conferma, in quanto la pressoché totalità delle risorse non corrisposte dei fondi della contrattazione nell’ anno di competenza è  riconducibile di fatto ai piani della performance ( produttività collettiva e individuale in parole povere ), che per buona norma comprende (di sicuro) le risorse variabili previste nel fondo. Ricordiamo che il presupposto per l’ erogazione di tale quota di salario è l’ intervenuta valutazione del dipendente che avviene per forza l' anno successivo.

Qualche problema potrebbe invece nascere con la parte variabile del fondo a partire dal 2016, in quanto l'incremento dei fondi ad opera della amministrazione ancor di più sarà legato alla programmazione, per cui al  Documento Unico di Programmazione ( DUP) e a seguire al Piano Esecutivo di Gestione ( Peg) quale strumento di maggior dettaglio del DUP, al Piano degli Obiettivi (Pdo) ed al Piano delle Perfomances individuale e organizzativa.
Preoccupano per le evidenti lacune in fatto di programmazione, riconducibili a politici e dirigenti, gli effetti salariali di tutto questo, perché quando si parla di piani di miglioramento legati agli obiettivi,  di interventi di razionalizzazione della spesa o di consolidamento di nuovi servizi,  gli enti locali non sono un buon esempio, soprattutto per l' incapacità di individuare a inizio anno e certificare, in ogni suo passaggio, questi percorsi.

L' apertura di conflitti e rivendicazioni complessive ad inizio d' anno, quale sfida conflittuale su queste tematiche anche in ordine ai tempi, deve divenire pertanto elemento percepito da tutto il personale, per evitare che il salario finisca per divenire una cosa "incerta", finendo ostaggio dei tempi di approvazione dei diversi atti di programmazione annuale.
Va letta in questo quadro e in prospettiva futura l’ incertezza  regnante in materia di armonizzazione dei bilanci, soprattutto per quanto attiene l'utilizzo dei residui dell’ anno precedente ( nel caso specifico il 2015)  del fondo del salario accessorio. Senza voler entrare in un esasperato tecnicismo circa  la classificazione di questi avanzi, a seguito del loro riaccertamento come residui nei fondi "a destinazione vincolata", gli effetti derivanti certi sono quelli che la loro effettiva disponibilità/erogabilità dipenderà dall' approvazione dei relativi atti contabili.

Ecco perché occorre mutare radicalmente l' approccio alla contrattazione collettiva, per evitare questo rischio e ridurre drasticamente il potere della controparte condizionare con i suoi interessi la  stessa contrattazione.
Va superata immediatamente  l' antica desuetudine, che va spesso oltre qualsiasi previsione cautelare anche per mancanza di adeguati controlli sindacali sui contenuti delle previsioni di utilizzo, che le somme destinate agli istituti contrattuali, soprattutto quelle legate alle varie indennità ma a volte anche quelle previste per forme di salario fisso e ricorrente come PEO o indennità di comparto, siano determinate per eccesso finendo in parte per non essere utilizzate.

In una situazione di incertezza, dettata non tanto nelle disposizioni dei CCNL quanto alla confusione determinata dalla armonizzazione del bilancio 2016 (che potrebbere valere anche negli anni successivi), si possono determinare alcuni rischi, per esempio "rifiuti o ostruzionismi"  degli Enti a destinare le economie del fondo 2015 alla parte variabile del 2016.
Per il grado di disordine che regna in materia di Bilanci degli Enti Locali, è oltremodo opportuno neutralizzare questi possibili rischi inserendo nei CCDI specifiche clausole volte a far confluire tutte le risorse non utilizzate nell’ anno, rispetto alla destinazione prevista, in aggiunta al  fondo della produttività comunque denominato, e preferibilmente a favore della performance organizzativa legata a valutazioni collettive.

Per queste ragioni  l' obiettivo di erogare il fondo annuale nella sua interezza diventa pertanto obbligatorio,  e quindi la parola d'ordine è quella di "spendere" sempre e comunque tutto il fondo.

Allo stesso modo andavano evitati "accantonamenti" di risorse proprio per l’ incertezza di esigibilità che determinano, in rapporto ai nuovi criteri di bilancio, e ai fini di una riproposizione nell’ anno successivo. Fra l' altro l'assurda abitudine riscontrata in certi enti di fare accantonamenti (senza destinazione), costituisce un illogico approccio di parte sindacale alla contrattazione collettiva che determina la rinuncia a distribuire salario nell’ anno. Da parte del datore di lavoro questi accantonamenti  erano spesso  utilizzati per  intervenire e "alterare" la distribuzione delle risorse degli anni successivi a vantaggio di pochi.

Comunque resta inaccettabile, dal messaggio mediatico,  associare velatamente tutto questo alla mancata definizione entro l’ anno di competenza della contrattazione decentrata integrativa, con l’ intento subdolo di colpevolizzare la parte sindacale per l'allungamento dei termini contrattuali.
Insomma il messaggio che si vuol far passare è chiaro: chiudi con i bilanci anche i contratti decentrati,  il sindacato non entri nel merito della proposta di parte pubblica ma  la accetti in toto rinunciando a conquistare salario maggiore.

Questa è la situazione registrata soprattutto negli enti più piccoli nei quali anche la composizione del fondo diventa spesso una impresa titanica, per tempi ed esatta conoscenza dei contenuti.

Su questi temi occorre sfidare la controparte “padronale”.

Oramai a tutti è noto che gli obiettivi dati agli enti locali dal nazionale sono finalizzati a scongiurare sul nascere la presentazione di piattaforme rivendicative “forti” da parte del personale, per cui si ritarda scientemente la costituzione del fondo, riconducendolo, per molti aspetti immotivamente, a dopo approvazione del bilancio di previsione e alla definizione del PEG e del conseguente Piano degli Obiettivi.

Se si riprendono i riferimenti  della “road map” della contrattazione decentrata integrativa, che lo stesso autore dell’ articolo, ha indicato più volte da anni come corretto approccio alla stessa ( ovviamente dimenticata dalla parte pubblica e dagli organi di stampa confindustriali), si rileva infatti che i presupposti del CCDI sono:
-prima dell’ inizio della Contrattazione – Da parte della Giunta Comunale - Direttiva in merito agli obiettivi della contrattazione decentrata e/o alla costituzione del fondo (risorse variabili) ed utilizzo dello stesso (criteri generali per l’impiego delle risorse);
- la determinazione del dirigente/funzionario responsabile per la costituzione del fondo (stabili e variabili). La determinazione viene inviata alle OO.SS. ed alle RSU come informazione successiva (art. 7 CCNL 01.04.99).

Con quali tempi, contenuti e metodi sono emanati questi atti?

E con quali tempistiche? La volontà è quella di porre in grado e consentire alla rappresentanza sindacale di poter disporre di elementi certi per presentare piattaforme rivendicative in base a quanto previsto dai CCNL di comparto?
Nella stragrande maggioranza dei casi questo non avviene, anzi strumentalmente questi atti unilaterali obbligatori degli Enti vengono ritardati, spostati verso la parte finale dell’ anno per mitigare o rendere ininfluenti le richieste delle rappresentanze sindacali .
E poi, la partita di incremento delle risorse variabili, ( art. 15 commi 2 e 5 del CCNL 01/04/1999 Regioni AA.LL.) quale correlazione ha con gli obiettivi sui quali si misura la performance del personale legata alla valutazione individuale o a quella organizzativa di gruppo o di Ente?
In che modo poi  la performance è conosciuta dal personale?
Pensiamo che gli obiettivi spesso e volentieri vengono dati con grande ritardo. Insomma, in qualunque modo la si metta, la performance è un inganno i cui meccanismi sono oscuri alla stragrande maggioranza del personale, che la subisce con riduzioni salariali e una organizzazione del lavoro sempre meno sostenibile.

Chi continua a parlare di partecipazione del personale alla performance mente sapendo di mentire.

Allora chiariamoci bene le idee prima che qualcuno, con burocratico e nebuloso tecnicismo, ci venga a raccontare che potrebbe essere rimessa in discussione l’ erogazione di tutte le risorse del salario accessorio per costringere ad accettare senza discutere le proposte aziendali, ritardate ad arte per tempi e conoscenza degli obiettivi.

Bisogna sfidarli allora i “padroni” sui loro temi, costringerli  ad assumersi i rischi di provvisori atti unilaterali se la composizione e destinazione del fondo non tutela gli interessi generali di lavoratrici e lavoratori, anzi alimenta strumentalmente divisioni fa gli stessi. Gli atti unilaterali non sono una sconfitta sindacale ma il rifiuto del sindacato a sottoscrivere accordi a perdere, voluti da chi per legge vuole abbassare solo i salari, e devono diventare il punto di partenza per i conflitti.

Questo bisogna sempre ricordarlo ai concertatori confederali, per i quali il ruolo delle RSU è sottoscrivere di tutto e di più, prendendo per oro colato i pareri delle segreterie generali, del collegio dei revisori, e degli organi di controllo interno.