Se
il piano industriale dell’ex amministratore delegato è stato accolto con favore
da analisti dell’Istituto Affari Internazionali, perché concentrava le attività
core in una unica impresa più competitiva (!) con una catena decisionale corta e
accentrata al vertice, e i risultati sono stati salutati favorevolmente dai
sindacati confederali*, una forte critica era arrivata dal sindacato di base che
ha denunciato la mancanza di una visione industriale, il processo accentratore
dell’organizzazione del lavoro che ha provocato malfunzionamenti nel sistema
della ex holding, il disinvestimento nei programmi civili per concentrarsi su
quelli militari, e non da ultimo l’aver calcolato a bilancio l’intero importo
della commessa EFA per il Kuwait non ancora interamente
ricevuto.
Dal
momento della nomina alla guida di Leonardo a maggio del nuovo amministratore
delegato, nel mese di ottobre si sono svolte audizioni parlamentari che hanno
permesso di capire di più circa le decisioni sul futuro del gruppo. Il 19
ottobre presso la IV Commissione Difesa il Responsabile Strategie, fusioni e
acquisizioni di Leonardo Spa, dottor Giovanni Soccodato, ha riportato la
posizione del gruppo a proposito del programma europeo di sviluppo del settore
industriale della difesa.
Il
documento redatto a marzo e pubblicato nel sito del Senato è articolato su tre
livelli: rilevanza geo-politica e industriale del settore, importanza del
supporto governativo alle esportazioni e normativa italiana. Sostanzialmente
quello di Leonardo è un richiamo alle responsabilità del governo tacendo sulle
carenze sin qui riscontrate da parte della governance aziendale: in Italia vi è
una minore domanda interna e una minore spesa nazionale, bisogna dare
credibilità alle azioni di politica estera e promuovere investimenti in ricerca
e sviluppo, infine mantenere una base industriale tecnologica nazionale
all’avanguardia. Dunque se Leonardo si posiziona al di sotto dei principali pesi
esportatori di armamenti, è solo perché alla base vi è una carenza di strumenti
di supporto istituzionale (sottoscrizione contrattuale diretta tra governi
G-to-G come accaduto per Kuwait e Qatar) poichè in ambito internazionale i
processi di procurement devono avere alle spalle un “sistema
paese”.
Tuttavia
ciò che ulteriormente lascia maggiormente perplessi è il riferimento allo
strumento di finanziamento “export credit” come quello utilizzato dagli USA. Il
credito alle esportazioni è un programma di finanziamento estero militare (FMF -
Foreign Military Financing) che prevede sovvenzioni e prestiti per aiutare i
paesi a comprare armi e attrezzature della difesa prodotte negli Stati Uniti.
Viene gestito dall’Ufficio Politico-Militare del Dipartimento di Stato e dall'
Agenzia per la Difesa della Cooperazione per la Difesa (DSCA) del Dipartimento
della Difesa. Il Congresso approva annualmente i fondi per FMF. Leonardo e
governo italiano dovrebbero però spiegare il significato il ruolo di Arranger ed
Agente da parte di Unicredit nella vendita degli addestratori M-346 a
Israele.