La lotta dei facchini della Granarolo viene sistematicamente ignorata dai mass media. In realtà si tratta di una lotta importante, perché gli ultimi tra gli ultimi hanno deciso di alzare la testa. Cosa accade?
Le grandi aziende, tipo la Granarolo, esternalizzano la logistica ai consorzi che a loro volta subappaltano alle cooperative. Con i regolamenti costruiti dalle coop stesse, viene agredito non solo il costo del lavoro, ma anche le condizioni del contratto di riferimento. E in questo, va detto, c’è una grossa responsabilità della Legacoop che, nella buona sostanza, lascia fare. Retribuzioni più basse e più dure condizioni di lavoro per i lavoratori, in grandissima maggioranza migranti. In alcuni casi il salario è del 35% in meno. Degli orari di lavoro, poi, non parliamo, la giornata lavorativa effettiva è molto ma molto oltre le otto ore di lavoro. Chi si ribella viene licenziato, come nel caso della filiera di cui è capofila la Granarolo. In quella vertenza si era addirittura arrivati a un accordo che prevedeva la riassunzione dei lavoratori che avevano protestato, riassunzione che invece si è fermata a nove su una cinquantina.
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