Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
Circolare n. 159
La Corte costituzionale con la sentenza n. 203 del 3 luglio 2013 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42,
comma 5, del d.lgs. n. 151 del 26 marzo 2001 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela
e sostegno della maternità e della paternità) nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura
della persona disabile in situazione di gravità, non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo
straordinario il parente o l’affine entro il terzo grado convivente della persona in situazione di disabilità grave, in
violazione degli artt. 2,3,4,29,32,35 e 118, 4° comma, della Costituzione.
Con le pronunce additive contenute nelle precedenti sentenze n. 233 dell’8 giugno 2005, n. 158 del 18 aprile 2007
e n. 19 del 26 gennaio 2009, la Corte aveva già progressivamente esteso il novero dei soggetti legittimati a
fruire del congedo straordinario di cui al citato art. 42, comma 5, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, sottolineando
che la ratio del beneficio in esame consiste essenzialmente nel favorire l’assistenza del disabile grave in
ambito familiare e nell’assicurargli continuità nelle cure.
Il rispetto dei predetti principi costituzionalmente espressi ed una prospettiva di sussidiarietà hanno indotto
la Consulta a valorizzare la famiglia anche come strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere
della persona e l’assistenza sociale in un’ottica di solidarietà interpersonale.
La Corte costituzionale afferma, nella pronuncia in argomento, che il testo attualmente in vigore dell’art. 42
sopracitato, come modificato dal decreto legislativo n. 119 del 18 luglio 2011 ha, da un lato, ampliato la platea
dei soggetti a cui è riconosciuto il diritto alla fruizione del beneficio, e, dall’altro, ha individuato, tra i soggetti
medesimi, un rigido ordine gerarchico.
Alla luce dell’evoluzione legislativa sopra esposta ed in linea con l’orientamento giurisprudenziale già
consolidato, la Corte ha individuato nella limitazione della sfera soggettiva attualmente vigente un
fattore di pregiudizio dell’assistenza del disabile grave nei casi in cui i soggetti legittimati dalla norma a
prestare assistenza si trovino impossibilitati a svolgere tale funzione.
La Consulta ha considerato, inoltre, che il legislatore ha già riconosciuto il ruolo dei parenti e degli affini
entro il terzo grado nell’assistenza ai disabili in condizione di gravità, attribuendo loro il diritto ai tre giorni
mensili di permessi retribuiti ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 5 febbraio 1992
nell’ipotesi di mancanza, decesso o patologie invalidanti degli altri soggetti.
La Corte, quindi, evidenzia che tale discrasia normativa costituisce ulteriore argomento a sostegno
della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del citato d.l.gs. 26 marzo 2001, n. 151
nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni
ivi stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o
in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione
di disabilità grave.