Firmato l’accordo con Fim-Fiom-Uilm
Ora l’INPS dovrà farsi carico delle 545
famiglie
Mentre Agusta aumenterà il “dividendo”
ai soci
C.E.O.: prima parla di “modello
Famiglia”,
poi di licenziamenti???
Le motivazioni
presentate dall’azienda (nel
riquadro), per giustificare la richiesta di mobilità, sembrano uno
“sciogli-lingua” degno delle migliori pellicole di Tognazzi: nessun reale
motivo di crisi, nessun problema di bilancio, nessuna ristrutturazione o
esternalizzazione.
“- esigenze di procedure alla ottimizzazione e
ribilanciamento tra le diverse aree aziendali;
- esigenze di attuare più complete integrazioni e sinergie
tra le professionalità disponibili in azienda, al fine di evitare
sovrapposizioni e duplicazioni di mansioni, ove esistenti, e di prevenire ad un
migliore equilibrio qualitativo e quantitativo degli organici con
particolare riferimento al rapporto tra risorse dirette ed indirette;
- esigenze di attuare un sempre maggiore contenimento dei
costi di struttura, in particolare di quelli indiretti;
- necessità – a fronte della obsolescenza di alcune figure
professionali e delle correlate attività operative – di adeguare il mix delle
risorse dirette per meglio rispondere alle esigenze aziendali e di mercato,
favorendo nel contempo il miglioramento della efficienza delle aree
tecnico/produttive e di staff.”
C’è un problema
etico e morale: utilizzare in questo modo i soldi dell’INPS (nostri),
altrimenti destinati ad aiutare chi ha perso il lavoro, è alquanto deplorevole,
tanto più in questi anni di crisi. L’INPS, infatti, dovrà sborsare,
grazie all’accordo sindacale con fim-fiom-uilm, circa 600mila
€/mese.
Agusta poteva
utilizzare la legge 92/2012 che prevede un
“pre-pensionamento” garantito dall’INPS con la copertura economica a
carico dell’azienda e non dell’INPS stesso: non sarebbe stato più corretto? O
forse il Codice Etico, tanto sbandierato dalla direzione aziendale, serve solo
per salvare le apparenze?
Anche la vicenda
dell’India, che vede coinvolti i vertici aziendali sotto processo per
tangenti, viene abilmente
“enfatizzata” da Agusta, crediamo, solo per ottenere la firma sindacale
dell’accordo: per tutto il 2013 l’azienda, nelle varie riunioni, aveva escluso
qualsiasi ricaduta produttiva e, anzi, avrebbe dichiarato che nel bilancio era
già stata accantonata la cifra per un eventuale “contraccolpo economico” e che
le poche macchine già costruite per l’India sarebbero state riconfigurate per
altri clienti. Ora ci si chiede a cosa sia servita le recente dichiarazione del
CEO (il nuovo Amministratore Delegato) sulle ricadute occupazionali in
contraddizione con le precedenti rilasciate dallo stesso, se non per
giustificare la richiesta di mobilità altrimenti poco credibile? Senza
dimenticare che, nel frattempo, si sono materializzate nuove commesse
miliardarie (ad es: Norvegia per oltre 1 miliardo di euro).
Manca la clausola
sociale: In molte aziende,
infatti, che decidono di utilizzare la mobilità per “accompagnare” i lavoratori
alla pensione, viene concordata con le RSU una “clausola di salvaguardia
sociale” che, nel caso si modifichino i requisiti pensionistici, garantisce il
rientro in azienda del lavoratore fino alla pensione. Senza garanzie (come in
Agusta) si rischia di diventare “esodati”.
C’è poca
democrazia: il coordinamento
sindacale non ha avuto il mandato dalle RSU per firmare l’accordo sulla
mobilità, come invece previsto dal regolamento RSU, nè l’accordo stesso è stato
sottoposto a referendum tra i lavoratori; c’è poca trasparenza: i
lavoratori hanno il diritto di conoscere il contenuto dell’accordo avendo a
disposizione una copia firmata e non basandosi su valutazioni o interpretazioni
personalizzate e interessate.
Infine, la storia
insegna che gli unici
“figli” di dipendenti che avranno la fortuna di entrare in Agusta saranno o
figli di dirigenti o figli di delegati sindacali (RSU), come già avvenuto in
passato. Per quale motivo i delegati RSU cercano di “convincere” i lavoratori
anziani ad andare in mobilità?
PER QUANTO SOPRA
ESPOSTO, confermiamo la
nostra contrarietà alla mobilità in Agusta e non intendiamo sottoscrivere questa
intesa sindacale. Invitiamo nuovamente i lavoratori, prima di firmare il proprio
“volontario” licenziamento, a leggere attentamente le condizioni dell’accordo,
sia quelle economiche sia quelle normative che di “aggancio” alla pensione.
Ribadiamo che, con i tempi che corrono, è una vera vergogna, per una ditta
“parastatale”, impoverire ulteriormente l’INPS.
15 gennaio
2014