Il giorno dopo la risoluzione, poche le voci critiche e nessuna convocazione di piazza. Marcon: “Guerre sporche, pacifismo in difficoltà Ma sempre impegnato”. Vignarca: “Nessuna difficoltà, l’advocacy non si fa solo in piazza. La mobilitazione ci sarà”
21 agosto 2014ROMA – Il parlamento ha votato ieri l’invio di armi italiane in Iraq: ci si sarebbe aspettati, questa mattina, di sentire forte la voce dei movimenti pacifisti. Così non è, almeno per il momento: poche e isolate le comunicazioni da parte del mondo associativo, nessuna convocazione di piazza, nessuna protesta, per ora, di fronte a una decisione politica che pure ha il suo peso e va in una direzione diversa da quella indicata e auspicata dal movimento pacifista. Cosa sta succedendo? Lo chiediamo a Giulio Marcon, deputato Sel e fondatore della campagna “Sbilanciamoci!”. E a Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo.
“La situazione è complessa – spiega – ci stiamo avvicinando a una situazione insostenibile di conflitti nel mondo: dalla Siria alla Libia, dalla Palestina all’Iraq e all’Ucraina, gli scenari di guerra si moltiplicano drammaticamente. Non è vero che il pacifismo sia assente: è presente con le sue reti, ma indubbiamente è in difficoltà nel far fronte a tutti questi scenari che si sono aperti. Soprattutto, il movimento fatica a mettere in connessione le tante iniziative singole, per costruire una proposta collettiva e disegnare un’alternativa alle scelte molto tradizionali che si stanno facendo in queste ore.
Queste di oggi sono guerre complesse, difficili, sporche, guerre asimmetriche, non tra stati. E in questo contesto, è certamente più difficile mobilitarsi.
redattoresociale.it