I suicidi sono otto solo da inizio anno. Il Sappe denuncia il “male di vivere” e lo stato di abbandono. Per lo psichiatra De Leo il burnout è frequente ma si può fare prevenzione. Favero (Ristretti Orizzonti): “Senza capo del Dap non c’è nessuno che si senta responsabile”
15 settembre 2014
ROMA - Otto agenti di polizia penitenziaria si sono tolti la vita in otto mesi, 30 negli ultimi tre anni: “Il male di vivere sembra non avere fine”, denuncia il Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria).
A pochi giorni dall’ultimo caso di suicidio, avvenuto giovedì a Saluzzo, si rinfiamma la polemica sulle condizioni lavorative degli agenti e sullo stress lavoro correlato. A denunciare la situazione è Donato Capece, segretario del Sappe, che parla di “stato di abbandono in cui è lasciato il corpo di polizia penitenziaria”. E aggiunge: “Siamo sotto organico di circa ottomila agenti e se uno sbaglia non glielo perdonano. Eppure riusciamo ancora a salvare la vita a tanti detenuti disperati”. Intanto l’amministrazione “sta a guardare”: nessun punto di ascolto è stato attivato, nessuna azione concreta per aiutare gli agenti.