Lo European anti poverty network rilancia l’appello ai pesi membri al termine di una ricerca finanziata dalla Commissione condotta tra il 2013 e il 2014. Su 30 paesi osservati in 28 hanno misure di reddito minimo. Tranne Italia e Grecia
15 gennaio 2015
ROMA - “Fondamentale istituire a livello europeo una misura universale di reddito minimo per coloro che si trovano nella condizione di non poter lavorare, che hanno un reddito che non permette di vivere una vita dignitosa, che hanno perso i benefici degli ammortizzatori sociali o non hanno raggiunto l’età pensionabile”. È quanto chiede lo European anti poverty network (Eapn) che in questi giorni ha portato a termine un biennio di studio sul reddito minimo nel vecchio continente. Una ricerca finanziata dalla Commissione europea e che ha coinvolto tra il 2013 e il 2014 trenta reti territoriali presenti in altrettanti paesi europei. A lanciare l’appello Nicoletta Teodosi del Collegamento italiano di lotta alla povertà (Cilap), membro italiano del network europeo che in una nota riassume i principali risultati dello studio.
Su 30 paesi europei osservati durante il progetto Emin (European minimum income schemes – Misure per un reddito minimo europeo), aggiunge Teodosi, 28 hanno misure di reddito minimo corrispondenti alla definizione usata dal programma e riconosciuta dal Parlamento europeo e dalla Commissione. “Invece Italia e Grecia non hanno una misura specifica corrispondente - aggiunge Teodosi -, anche se nel caso italiano vi sono state sperimentazioni nazionali (1997), e vi sono attualmente strumenti economici quali le Social Card (2008 e 2013), ma non equiparabili al Reddito minimo europeisticamente inteso. Alcune Regioni, a seguito della Riforma del Titolo V della Costituzione, hanno emanato negli anni normative in favore di un supporto al reddito, facendo emergere ancora di più la macchia di leopardo del sistema italiano”.