Oltre al burkinabè di 37 anni ucciso a fucilate 10 giorni fa a Lucera per un furto di meloni, da Crotone al Veneto ci sono stati altri 3 italiani, 3 romeni e 3 africani morti di caldo e fatica. Storie che il più delle volte restano solo nelle cronache locali
01 ottobre 2015
“Data Accadimento: 20 luglio 2015. Età: 46. Luogo Nascita: Z348. Identificativo datore di lavoro: -1”. È così che diventa parte di una statistica chi muore sul lavoro. Questi dati, disponibili sul sito dell’Inail, corrispondono all’infortunio che quest'estate è costato la vita a Mohammed Abdullah, sudanese, morto nelle campagne di Nardò, in provincia di Lecce, mentre raccoglieva i pomodori. Stessa tabella, poche righe più in là: altri numeri riassumono freddamente la vicenda di Paola Clemente, 49 anni, morta il 13 luglio mentre lavorava all’acinellatura dell’uva nelle campagne vicino Andria. I dati dicono che anche che Mohammed Abdullah non aveva contratto. Paola Clemente, che lavorava per un'agenzia interinale, figura come impiegata in attività di “consulenza gestionale”.
Un altro file, un’altra storia di fatica e lavoro precario, finita con la morte: George Barbieru, cittadino rumeno, morto il 6 luglio a Belfiore, provincia di Verona. Secondo la stampa locale (il suo caso a quella nazionale non è mai arrivato) l’uomo sarebbe morto dopo avere fatto poche centinaia di metri in bicicletta, al termine di una mattinata di lavoro. I giornali scrivono che era assunto come bracciante per una settimana da un’azienda agricola, per lavori nel frutteto. Eppure anche nel suo caso l’Identificativo datore di lavoro è la Posizione assicurativa sono “-1”: il contratto non c’è. Si fermano qui, i dati aperti. Per il censimento delle morti di agosto bisognerà aspettare ancora qualche settimana.