“Il Jobs act sta fallendo nei suoi obiettivi principali: promuovere l’occupazione e ridurre la quota di contratti temporanei e atipici”, in una parola il precariato. Sono queste le conclusioni di quella che si può considerare la prima ricerca accademica sugli effetti della riforma del lavoro del governo Renzi. Si tratta dello studio “Labour market reforms in Italy: evaluating the effects of the Jobs Act”. Il rapporto è stato curato da tre ricercatori italiani, Marta Fana, Dario Guarascio e Valeria Cirillo, per conto di Isi Growth, progetto di ricerca finanziato dalla Commissione europea.Fana, va ricordato, è la prima ad aver segnalato l’errore del ministero del Lavoro sui dati relativi ai contratti ad agosto.
“Il fallimento del Jobs act nello stimolo dell’occupazione”, secondo il rapporto, è confermato dal flusso di lavoratori che sono usciti dallo stato di disoccupazione tra primo e secondo trimestre del 2015. I ricercatori, citando dati Eurostat, spiegano che “i flussi del mercato del lavoro per l’Italia mostrano una massiccia transizione dalla disoccupazione all’inattività (35,7%), mentre la transizione verso l’occupazione è più bassa della media europea (18,6% contro 16,1%)”. Mentre i disoccupati non hanno un impiego ma lo cercano, gli inattivi non ci provano neanche. In poche parole, chi ha abbandonato la palude della disoccupazione non ha trovato un lavoro: ha semplicemente smesso di cercarlo.
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