- il 17 maggio 2013 è nata ADL Varese - Democrazia, Trasparenza, Autonomia e Coerenza non devono essere solo delle parole vuote - ADL Varese non vuole essere ne più grande ne più bella ne più forte, ma semplicemente coerente -

- nel 1992 nascono FLMUniti Varese e CUB Varese, contemporaneamente nascono FLMUniti Nazionale e CUB Confederazione Nazionale -

- nel 2010 tutte le strutture di categoria della CUB Varese insieme a SDL Varese e RDB Varese si fondono e danno vita a USB Varese -

- nel 2013 USB Varese delibera a congresso l'uscita da USB e la nascita di ADL Varese mantenendo unite le precedenti strutture ex SDL Varese ex RDB Varese ex CUB Varese - -

mercoledì 3 febbraio 2016

«Sulla pelle porto i segni della strage di Viareggio»

Il fuoco che brucia la pelle

«Io lo so bene che cos’è il fuoco che ti brucia la pelle» racconta adesso Marco. «Mio figlio Luca aveva quattro anni ed è arso vivo dentro una macchina. Lorenzo aveva due anni e quando le fiamme gli sono arrivate addosso era in braccio a mia moglie Stefania... Mi resta Leonardo che oggi ha 14 anni e che quella notte rimase sotto le macerie per ore a chiedere aiuto. Io vivo per lui». «So bene cos’è il fuoco», dice Marco. E se anche non parlasse lo direbbero le sue ferite per lui: sessanta interventi chirurgici per rimediare a ustioni gravi sul 90% del corpo, cicatrici ovunque e una vita vissuta all’ombra perché «il sole è il mio nemico peggiore». «D’estate è sempre un tormento, devo girare coperto da capo a piedi, devo assolutamente proteggermi perché la mia pelle è ipersensibile, sento il calore anche se passo vicino a un muretto intiepidito dal sole. Se esco in scooter mi devo bardare come un terrorista e spesso uso l’ombrello sotto il cielo blu. A volte qualcuno mi chiede che cosa faccio nella vita. L’ustionato, rispondo. Io faccio l’ustionato, ho perduto il mio vecchio lavoro, la mia casa, gran parte della mia famiglia e adesso la mia vita è quel che mi è successo, è mio figlio Leonardo ed è la ricerca della verità e della giustizia. Per la mia famiglia e per quelle di tutte le altre vittime».

Il rischio prescrizione

Trentadue morti, anni di indagini e il processo di primo grado in corso per 33 imputati e nove società. Dopo sei anni e mezzo ancora nessuna sentenza e un rischio che, a questo punto, assomiglia a una certezza: la prescrizione (a fine 2016) per i reati di incendio e lesioni colpose. «Non c’è da ragionare o da capire. La sola ipotesi è semplicemente inaccettabile, indecente. Non posso tollerare che un giorno qualcuno mi venga a dire: ci spiace tanto ma l’incendio colposo e le lesioni colpose sono prescritti. Proprio l’incendio, poi... Le parole hanno un significato anche simbolico. A un ustionato come me dicono che dell’incendio basta: non si parla più... E allora i miei bambini e mia moglie di cosa sono morti? E come vogliamo chiamarle tutte queste ferite sulla mia pelle?». Marco Piagentini ce l’ha con «la giustizia ingiusta» che vede avvicinarsi sempre più. «Vorrei che fosse chiaro, però. Se tutto questo succederà davvero le famiglie delle vittime di Viareggio potrebbero non rispondere più delle loro azioni. E lo dico come presidente della nostra associazione («Il mondo che vorrei», ndr). Sarebbe un’offesa profonda, una nuova ferita gravissima. Dobbiamo già fare i conti col fatto che ci hanno dimenticati... Quando qualcuno ci chiede: “Cosa possiamo fare per voi?” la nostra risposta è sempre quella: fateci sentire la vostra presenza, non giratevi dall’altra parte, segnatevi la data del 29 giugno sulla vostra agenda e venite a commemorare i nostri morti a Viareggio».