- il 17 maggio 2013 è nata ADL Varese - Democrazia, Trasparenza, Autonomia e Coerenza non devono essere solo delle parole vuote - ADL Varese non vuole essere ne più grande ne più bella ne più forte, ma semplicemente coerente -

- nel 1992 nascono FLMUniti Varese e CUB Varese, contemporaneamente nascono FLMUniti Nazionale e CUB Confederazione Nazionale -

- nel 2010 tutte le strutture di categoria della CUB Varese insieme a SDL Varese e RDB Varese si fondono e danno vita a USB Varese -

- nel 2013 USB Varese delibera a congresso l'uscita da USB e la nascita di ADL Varese mantenendo unite le precedenti strutture ex SDL Varese ex RDB Varese ex CUB Varese - -

lunedì 2 maggio 2016

Primo maggio, Disabilità: lavoratori con la 104, dal "beneficio" alla discriminazione

La legge riconosce a chi concilia lavoro e assistenza alcuni diritti: congedi e vicinanza della sede lavorativa. Ma spesso questi restano sulla carta. O si trasformano in motivo di discriminazione. La storia di due mamme, l’intervista all’avvocato: “Estendere le tutele ai lavoratori non dipendenti. E attualizzare la legge”

29 aprile 2016
ROMA - Dovrebbero essere “beneficiati”, ma sono piuttosto discriminati: tanto da rinunciare spesso a quello che sarebbe un loro diritto. Sono i lavoratori “con la 104”, in particolare coloro che assistono un proprio familiare (o affine) gravemente disabile. Una categoria che la legge, da oltre 20 anni, prova a tutelare, ma che di fatto continua ad essere particolarmente fragile. Difficoltà di applicazione, problemi burocratici, ma anche vere e proprie discriminazioni rendono la vita di questi lavoratori particolarmente complicata.

Una vita già molto difficile, come ci racconta in poche righe Marilena: “Ho 61 anni e sono madre di Sabrina, ragazza di 32 anni con sindrome di down e insulinodipendente da 23 anni. Lavoro in provincia di Torino, a 40 chilometri da casa. Ecco la mia giornata tipo: Sveglia alle ore sei. Faccio qualcosa in casa  poi sveglio Sabrina, le misuro la glicemia, le preparo colazione e le faccio l'insulina. Partiamo. Lascio Sabrina da mio cognato a settimo torinese, dove alle 9 gli educatori del centro la vanno a prelevare col pulmino. Alle 12 e 30 esco dall'ufficio e, mangiando in auto un panino, vado a misurarle la glicemia e a fare l’insulina. Poi rientro in ufficio alle 13.30. Alle 17 e 30 esco dal lavoro, Torno a Settimo, prendo Sabrina e verso le 18.30 siamo a casa. Preparo la cena, misuro la glicemia, faccio l’insulina. Forse verso le 23 forse mi stendo nel letto.  Di notte almeno due volte mi devo svegliare  per misurare la glicemia. Se qualcuno dei nostri governanti provasse anche solo per un mese la nostra vita, morirebbe . Noi genitori di ragazzi non autosufficienti abbiamo una forza indescrivibile e io sono felice di poter rendere la vita di Sabrina meno difficile. Ma vorrei almeno poter andare in pensione prima che sia troppo tardi”. Come Immacolata, da 36 anni impiegata al comune, mamma di cinque figli di cui l’ultima con sindrome di Down e problemi di salute: dopo una vita di faticosa conciliazione, “ora ho scoperto che non posso andare in pensione perché l'aspettativa di vita si è allungata e io ho ‘solo’ 56 anni. Devo arrivare a 42 anni di servizio, quando non avrò più le forze per stare accanto alla mia creatura. Ho già usufruito in parte del congedo straordinario e sono costretta a conservarmi il restante per i periodi bui. Dopo 36 anni di lavoro e assistenza, stare a chiedere pietà è davvero troppo”.