Il
disastro ferroviario accaduto il 12 luglio è tra quelli più gravi mai accaduti
nel nostro Paese. Ancora più grave è il fatto che sia accaduto nel modo in cui è
accaduto e cioè con uno scontro tra due treni, che percorrevano lo stesso tratto
a binario unico. Un’infrastruttura quella del binario unico inaccettabile nel
2016, ancora una volta a pagare sono stati i pendolari (lavoratori, studenti,
anziani) vittime di “servizi” indegni di chiamarsi tali. Mentre siamo campioni
nell’Alta Velocità, il nostro Paese presenta zone di una arretratezza inaudita
con disparità tra i cittadini per dignità e servizi.
Nell’arco di 30
anni 131 morti per disastri ferroviari e neppure un dirigente delle ferrovie o
un ministro che abbiano mai pagato, anzi, in genere
sono stati tutti premiati con avanzamenti di carriera e con compensi
mirabolanti, mentre macchinisti, capitreno, controllori, manutentori e
passeggeri o semplici cittadini hanno pagato con la vita un sistema che ha
premiato il trasporto su gomma e, ormai da decenni, si è posto l’obiettivo di
ridurre al minimo i costi, razionalizzando tutte le linee che non rispondessero
ai profitti da loro agognati.
Chi non ricorda
le decine di migliaia di esuberi che negli ultimi decenni del secolo scorso
hanno dovuto lasciare le ferrovie dello stato a causa di una ristrutturazione
che ha visto il taglio di migliaia di km sulle tratte percorse ogni giorno da
più di 5 milioni di pendolari; chi non ha visto la chiusura di migliaia di
stazioni nelle località minori, che non sono state più servite dai treni; chi
non conosce lo stato di quei treni, maleodoranti e strapieni, riservati ai
pendolari che spesso vengono soppressi perchè non in condizione di viaggiare?
Tutti li abbiamo visti, gli unici che non si sono mai accorti di niente sono i
ministri della nostra gloriosa repubblica e i presidenti e amministratori
delegati delle FFS i cui stipendi annui e le cui liquidazioni hanno viaggiato
nell’iperspazio tanto erano lontani dalla media dei salari del personale delle
ferrovie.
Da anni i
lavoratori, i pendolari, gli ambientalisti hanno denunciato inascoltati
l’abbandono del trasporto su ferro per favorire quello su gomma; e chi doveva
vigilare in quel tratto, come in tutti gli altri disastri ferroviari, se non i
massimi responsabili delle ferrovie e del governo? E non vale il fatto che
questa fosse una ferrovia regionale in concessione al privato, tanto maggiori
dovrebbero essere i controlli quando si affida un bene pubblico come la
sicurezza ai privati, visto che proprio al Ministero dei trasporti spetta il
controllo e la vigilanza anche sulle linee definite secondarie. Invece il
governo pensa all’alta velocità, alle frecce rosse o bianche che siano, alle
tratte pregiate dove si realizzano alti profitti.
E come
dimenticare l’imposizione del macchinista unico alla guida dei treni con il
tremendo sistema dell’Uomo Morto, una pedalata ogni 55 secondi che aziona un
allarme sonoro, senza il quale il treno entra in frenata d’emergenza; un sistema
molto poco costoso che però peggiora le condizioni di lavoro del macchinista e
non garantisce la sicurezza della circolazione. Senza dimenticare che fu proprio
un amministratore delegato proveniente dal vertice della FILT CGIL, Mauro
Moretti, a introdurre questo meccanismo riducendo del 50% i macchinisti sui
treni e avviando la più gigantesca riorganizzazione delle ferrovie con lo
spacchettamento delle stesse in molteplici società, Trenitalia, RFI ecc, e la
conseguente privatizzazione, con il complice beneplacito di CGIL CISL UIL. E’
chiaro come sia estremamente più semplice ma anche vergognoso dare la colpa
all’errore umano, ma non ci stiamo più, non bastano le recriminazioni del
ministro che hanno tanto il sapore di lacrime di coccodrillo: questo, come gli
altri disastri ferroviari, hanno responsabili politici e tecnici.
Esprimiamo il
nostro cordoglio per le vittime e la nostra vicinanza ai loro
congiunti.
14
Luglio 2016