Le aziende ora sono alla finestra, in attesa di capire dove tira il vento dell'economia. Preferendo nel frattempo contratti a breve o a brevissimo (vedi il boom inarrestabile dei voucher). Ecco perché il governo è ormai pronto a fermare gli incentivi. Un cambio di strategia. "Che senso ha dare altro metadone di fronte agli ultimi dati sull'occupazione?", è la domanda ricorrente tra Palazzo Chigi e ministero dell'Economia. Si pensava di proseguire nel décalage (sconti di anno in anno ridotti), ma la realtà si sta imponendo. E chiama un ripensamento. Così il governo punta su un'altra carta: quella della produttività, ferma da oltre un ventennio, la grande malattia del nostro sistema. Strategia in due tempi. Prima, nella prossima legge di bilancio, agendo sulla leva fiscale, ampliando la detassazione sui premi aziendali di risultato. Poi forzando sulla riforma della contrattazione, se sindacati e Confindustria non chiudono la trattativa. Un intervento previsto al massimo per gennaio, terminata in Parlamento la sessione di bilancio. Senza però toccare né il contratto nazionale né quello territoriale. Ma operando solo a livello aziendale, laddove le risorse pubbliche sarebbero quasi un miliardo l'anno .
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