Con la sentenza n. 174 del 15 giugno 2016, pubblicata il 20 luglio 2016, la Corte Costituzionale
ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’ articolo 18, comma 5, del decreto legge 6 luglio
2011, n. 98 convertito dalla legge del 15 luglio 2011, n. 111 secondo il quale “Con effetto
sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2012 l'aliquota percentuale della pensione a favore
dei superstiti di assicurato e pensionato nell'ambito del regime dell'assicurazione generale
obbligatoria e delle forme esclusive o sostitutive di detto regime, nonché della gestione
separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è ridotta,
nei casi in cui il matrimonio con il dante causa sia stato contratto ad età del medesimo
superiori a settanta anni e la differenza di età tra i coniugi sia superiore a venti anni,
del 10 per cento in ragione di ogni anno di matrimonio con il dante causa mancante rispetto
al numero di 10. Nei casi di frazione di anno la predetta riduzione percentuale è
proporzionalmente rideterminata. Le disposizioni di cui al presente comma non si
applicano nei casi di presenza di figli di minore età, studenti, ovvero inabili. Resta
fermo il regime di cumulabilità disciplinato
Con la predetta sentenza la Corte ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale
della norma in argomento in riferimento agli articoli 3, 36 e 38 della Costituzione.
La suprema Corte ha rilevato che ogni limitazione del diritto alla pensione di reversibilità
deve rispettare i principi di uguaglianza, ragionevolezza, nonché il principio di solidarietà che
è alla base del trattamento pensionistico in esame.