- il 17 maggio 2013 è nata ADL Varese - Democrazia, Trasparenza, Autonomia e Coerenza non devono essere solo delle parole vuote - ADL Varese non vuole essere ne più grande ne più bella ne più forte, ma semplicemente coerente -

- nel 1992 nascono FLMUniti Varese e CUB Varese, contemporaneamente nascono FLMUniti Nazionale e CUB Confederazione Nazionale -

- nel 2010 tutte le strutture di categoria della CUB Varese insieme a SDL Varese e RDB Varese si fondono e danno vita a USB Varese -

- nel 2013 USB Varese delibera a congresso l'uscita da USB e la nascita di ADL Varese mantenendo unite le precedenti strutture ex SDL Varese ex RDB Varese ex CUB Varese - -

lunedì 1 maggio 2017

Accam, i comitati tornano a chiedere la dismissione dell’impianto

Superamento dei limiti semiorari per le polveri
“Segnaliamo che, nonostante gli incidenti siano stati coperti dal silenzio del Comune di Busto Arsizio e della direzione di Accam, abbiamo avuto notizia di alcuni superamenti dei limiti semiorari per le polveri.
In particolare, tre sforamenti nel 2016 relativi alla linea 1. Gli eventi hanno determinato una ispezione straordinaria di Arpa e una relazione finale (23 settembre 2016) inviata anche al Comune di Busto Arsizio che ben si è guardato dal renderla pubblica o anche solo di farla conoscere agli altri comuni consorziati. La relazione non arriva a individuare una chiara causa degli eventi, né individua interventi risolutori per evitarli”.
Due gli eventi più recenti, avvenuti tra fine gennaio e inizio febbraio di quest’anno.
Gli ultimi due casi, in particolare, sono legati alla temperatura dei fumi: il primo per un allentamento del cavo di collegamento del sistema di rilevazione della temperatura dei fumi in entrata ai filtri e l’altro per un reale incremento di temperatura dei fumi dovuto a un intasamento del sistema di iniezione del latte di calce nei fumi, sistema utilizzato per ridurre l’emissione dei componenti acidi.
In tutti i casi indicati, in modo automatico o manualmente, si è determinata l’apertura del bypass ovvero di un sistema che modifica il percorso dei fumi “saltando” i filtri a manica, i fumi passano nei sistemi di trattamento successivi ma il mancato trattamento presso i filtri a manica determina un incremento delle polveri in emissione.
Prima del dato relativo alla entità degli effetti – proseguono i firmatari della missiva – è la frequenza di tali eventi e la mancata individuazione di un modo per evitarli che preoccupa.
La soluzione del problema non sembra essere ancora stata individuata con certezza, perlomeno Arpa non è convinta degli interventi proposti da Accam.
Se qualcuno pensava (anche dopo il grave evento incidentale del 2004 – tuttora non chiaramente spiegato – che aveva interessato il circuito del vapore per entrambe le caldaie, come dopo le diffide degli anni scorsi) che un impianto di incenerimento, Accam nello specifico, fosse una macchina perfetta, questi eventi ci ricordano il contrario. Ogni rassicurazione a parole non può essere presa come verità, nascondere le notizie non giova neppure alla credibilità degli enti, in primis quelli deputati alla salvaguardia dell’ambiente e della salute.
Oltre a richiedere una piena trasparenza sull’esercizio dell’impianto, prima che possano succedere altri eventi più gravi, confermiamo la nostra richiesta di chiusura programmata dell’impianto. Oltre ai dati epidemiologici di cui si è già discusso (20 casi di ricoveri per malattie cardiovascolari all’anno aggiuntivi e riferiti al solo contributo emissivo di ossidi di azoto dell’inceneritore), il dato gestionale (ed il livello tecnologico) sono elementi che motivano un percorso di dismissione.
 In questo percorso di dismissione la Regione Lombardia dovrebbe avere un ruolo attivo e coerente con l’indicazione del Piano regionale rifiuti volto alla dismissione degli impianti obsoleti, attivando un tavolo di confronto con gli enti locali per un chiusura programmata dell’impianto. La realizzazione di costosissimi sistemi per abbassare solo le emissioni degli ossidi di azoto per ottemperare alla prescrizione della Autorizzazione Integrata Ambientale, può determinare, per l’ammortamento dei costi, il rischio di non riuscire a chiudere l’impianto nemmeno nel 2021.
Mettere qualche pezza per qualche anno non ha senso né tecnico né economico, allungare la vita di un impianto tecnologicamente obsoleto e con una pratica di gestione dei rifiuti anch’essa obsoleta, non è in linea né con gli obiettivi europei, né con quelli regionali”.