Il portavoce Pietro Barbieri risponde alla proposta del ministro Alfano sui lavori di pubblica utilità da far svolgere ai profughi accolti. “Il governo ascolti chi lavora con i più deboli”. E sulla riforma: “Il non profit non può essere considerato come una impresa”
11 maggio 2015
ROMA - “Far lavorare gratis i migranti significherebbe trattarli come schiavi”. Risponde così Pietro Barbieri, portavoce del Forum del terzo settore al ministro dell’Interno Angelino Alfano che la scorsa settima aveva invitato i comuni ad impiegare i richiedenti asilo in servizi gratuiti di pubblica utilità. Nonostante alcune associazioni, come Caritas e Fondazione Migrantes, si erano dette favorevoli, Barbieri e le Acli affermano un no deciso. “La soluzione alla mala accoglienza non può essere quella di sfruttare chi ha rischiato la vita per arrivare in Italia. Queste persone per lo Stato italiano ufficialmente ancora non esistono: sono in attesa di essere ascoltate dalla commissione che deve decidere se concedere o meno lo status di rifugiato. Farli lavorare in queste condizioni significa compiere un sopruso perché non avrebbero alcuna garanzia”, spiega Barbieri.
In Italia i migranti sono già impiegati in lavori socialmente utili o in attività di volontariato. “Esistono esperienze positive in cui si cerca di far lavorare i richiedenti asilo ma i servizi che svolgono non possono essere strutturati come vuole Alfano, senza nessun controllo.Il lavoro va sempre pagato, altrimenti è sfruttamento”. E sono proprio gli stranieri, secondo Eurispes, la categoria più a rischio: nel 2013 sono stati 100 mila i lavoratori sfruttati sul posto di lavoro.