Il sistema del caporalato è diventato sempre più pervasivo. Dalle terre cotte dal sole del Sud Italia ha espanso i suoi tentacoli fino al Nord. Tanto che nelle zone dei vigneti per il Barolo e per il Moscato, in Piemonte, è partita un'indagine conoscitiva delle condizioni di sfruttamento fatta dalla Commissione agricoltura della Camera, il 2 luglio.
"Esiste una vasta gamma di irregolarità che dall'evasione fiscale dei contributi fino al vero e proprio sfruttamento", spiega Alessandro Leogrande, autore nel 2008 di “Uomini e caporali”, inchiesta che ancora rappresenta una delle migliori fotografie possibili del fenomeno visto in Puglia e riemerso in questi giorni alle cronache dopo la morte di un bracciante sudanese, di uno tunisino e di una italiana. Le leggi per contrastarlo esistono (anche se spesso sono imperfette), ma per le procure è difficile applicarle. E qui sta la grande sfida.
Il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina mostra i muscoli dichiarando che il caporalato va combattuto come la mafia. Lo fa "dopo il quarto morto, di cui due italiani e due stranieri. A testimonianza di come il fenomeno ormai riguardi anche un ritorno alla terra di manodopera dequalificata italiana. Dequalificata per le paghe che ha (circa 3 euro l'ora in nero, di cui una parte poi va al caporale, ndr) e per il modo di svolgere il lavoro", ricorda Leogrande.
Il risveglio improvviso però rischia di concentrarsi solo su un aspetto delle mille facce del caporalato: "Se il paragone con la mafia serve a sottolineare il muro di gomma che circonda il caporalato, allora è corretto. Se richiama al problema di come fare repressione, allora il caporalato non può essere ridotto alla mafia. Non è solo quello", ragiona Leogrande. Il sistema dello sfruttamento lavorativo, infatti, è funzionale. In alcuni contesti, dove ha il monopolio, è l'unico modo per restare sul mercato. Il committente del caporale ha dei vantaggi: riduce il costo del lavoro, dispone di braccianti sottomessi e sotto continua minaccia, accorcia i tempi per reperire manodopera.