La sovraesposizione del Salento ai fumi industriali dell’Ilva di Taranto e della centrale Enel di Brindisiporta per la prima volta la Asl di Lecce a mettere per iscritto la necessità di non usare più carbone. È il cuore del primo “Report ambiente e salute” provinciale, fresco di stampa.
Troppe le morti e troppi i malati di tumore: nella sola provincia leccese, si viaggia al ritmo di 4.129 nuovi casi all’anno, 2.084 decessi e una probabilità di contrarre il cancro pari al 26,5 per cento. Ben al di sopra delle medie italiane e meridionali è l’incidenza di neoplasie al polmone e alla vescica, potenzialmente correlabili più di altre ai fattori ambientali.
Sono dati epidemiologici pesanti, certificati dal Registro tumori, numeri che costringono a chiedere un cambio di rotta. “Ma il premier Renzi da due mesi non risponde alla nostra proposta di convertire Ilva eCerano a gas”, dice il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano.
Le prove dell’inquinamento - “Una eventuale decarbonizzazione non avrebbe effetti positivi solo sui cambiamenti climatici, ma anche sullasalute delle popolazioni con notevoli benefici economici che compenserebbero peraltro i maggiori costi di altre fonti energetiche alternative ma meno inquinanti”. Lo afferma Giovanni De Filippis, direttore del Dipartimento di Prevenzione della Asl salentina. E lo fa mostrando una modellistica che costituirebbe la prova madre delcortocircuito sul territorio: elaborata da Arpa Puglia e riferita al 2013, dimostra quanto sia elevata la concentrazione media annua Pm10 e Pm2.5,cancerogeni certi per l’uomo, prodotti principali della combustione del carbone e delle biomasse legnose. È come se per tutto l’anno, in ogni parte della provincia di Lecce, oltre che a Brindisi e a Taranto, si respirasse la stessa aria colma di smog di una grande città. Lì e solo lì. Non anche nel nord della Puglia né nelle aree non urbane del resto del Sud.
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