Una
delle ultime riforme pensionistiche ha visto la nascita della Rendita
Integrativa Temporanea Anticipata (RITA) che consente l'erogazione di un reddito
in attesa di raggiungere l’età pensionabile, nel tentativo di dare una risposta
al tema della flessibilità in uscita all'indomani dell'introduzione della Legge
Fornero. La RITA fa ricorso al capitale
accumulato dal lavoratore nei
fondi di previdenza complementare durante la sua vita lavorativa, in
attesa che il lavoratore maturi il diritto alla pensione pubblica obbligatoria.
La RITA accende la luce sull’utilità sociale del cosiddetto “secondo pilastro”,
il fondo pensionistico chiuso.
Il nuovo utilizzo “sociale” di queste risorse non deve passare in secondo piano ma, al contrario, potrebbe aprire le porte ad una seconda giovinezza dei fondi chiusi e diventare una risorsa importante per le casse dell’INPS, partendo con il risolvere alcune anomalie “congenite” dei fondi chiusi:
·
garantire
il TFR secondo quanto stabilisce l’articolo 2120 del C.C. (evitare gli
investimenti a rischio);
·
avere
esigue spese di gestione (vedi fondo Cometa con 20 milioni di € di spese
annuali);
·
avere
versamenti costanti nel tempo (lavoro costante);
·
garantire
a tutti i lavoratori i medesimi contributi economici (quote previste dai CCNL);
Sarebbe
superfluo ribadire che non si possono risolvere i problemi di Cassa utilizzando
i soldi dei lavoratori, quello che noi proponiamo è la possibilità di creare un
fondo “pubblico” che possa dare le garanzie esposte pocanzi e che possa avere
come scopo anche quello di una risorsa economica “integrativa” alla pensione dei
lavoratori.
Onde
evitare di “congelare” il reddito previdenziale dei lavoratori e rendere vano (o
esiguo) l’aiuto economico appena proposto, sarebbe necessario continuare a
versare i contributi previdenziali, evitando di riconoscere aumenti contrattuali
totalmente o parzialmente de-contribuiti (vedi buoni spesa CCNL
metalmeccanici), o riconoscere aumenti di secondo livello (contratti aziendali)
sotto forma di premi (PDR) totalmente o parzialmente de-contribuiti
(vedi
circolare AG Entrate n. 5/E del 29 marzo 2018).
Ovviamente il tutto si regge su un principio semplice ma insostituibile:
è
necessario avere un lavoro stabile e costante nel tempo o non è possibile porre
le basi per un qualsivoglia ragionamento pensionistico.
7 luglio
2018